L’esame della riforma delle Province torna in Aula: l’Assemblea regionale siciliana torna a lavorare su quella che sta diventando un’altra spina nel fianco del governo Crocetta. Sono state 3 le volte in cui la maggioranza e la giunta sono andate sotto in Aula: la più cocente quella che ha visto la bocciatura delle città metropolitane. E alla ripartenza dell’esame del ddl Province, con l’articolo 3 sotto la lente dei deputati, c’è subito qualche intoppo: la seduta si apre e viene sospesa per l’assenza del governo.
Passate le 21, il governo è stato battuto all’Ars con voto segreto su un proprio emendamento di riscrittura dell’articolo 4 del ddl sulle Province. Salta dunque l’intero impianto che disciplinava la composizione delle Assemblee dei Liberi consorzi. La bocciatura di fatto riporta all’art.4 del testo base esitato dalla commissione Affari istituzionali, secondo cui fanno parte delle Assemblee i sindaci dei comuni che aderiscono al Libero consorzio. Subito dopo il voto segreto, dai banchi dei 5stelle sono partiti applausi.
Dopo l’approvazione dell’articolo 4 come esistato dalla commissione Affari istituzionali, il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha rinviato la seduta a giovedì prossimo alle 16, accogliendo la richiesta di alcuni deputati, nonostante gli uffici e lo stesso presidente avessero manifestato la disponibilità a proseguire l’esame del ddl sulle Province.
L’articolo 3, invece, riguarda gli organi dei Liberi consorzi, gli enti che sostituiranno le Province: l’Assemblea boccia, per soli 4 voti, l’emendamento firmato da Pid-Fi che introduceva il voto diretto per l’elezione degli organi. L’aula alla fine approva l’art.3 della riforma, stabilendo così che i Liberi consorzi sono organismi di secondo livello. “Con l’approvazione dell’articolo 3 del ddl sui Consorzi dei Comuni si sancisce un principio cardine della riforma”, dice il capogruppo del Pd all’Ars Baldo Gucciardi “Gli organismi dei Consorzi saranno scelti con elezioni di secondo livello, cioè dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni aderenti”.
Intanto però ci sono state le solite prove d’accordo tra maggioranza e opposizione. L’ipotesi, lanciata ufficialmente durante la seduta parlamentare dal presidente della commissione Affari istituzionali Antonello Cracolici (Pd), era quella di introdurre il voto diretto di primo livello negli statuti dei Liberi consorzi e rinviare a una successiva legge le modalità. Durante la pausa è stata convocata una riunione informale per capire se la mediazione sarebbe stata sostenuta in aula: ma all’incontro l’opposizione non s’è presentata, mentre i 5stelle, presenti, hanno chiarito che non avrebbero approvato la norma sul voto diretto dei presidenti da introdurre negli statuti dei Liberi consorzi. Crocetta, Ardizzone e i capigruppi della maggioranza a quel punto hanno preso atto della situazione, mediazione dunque fallita.
Sulle città metropolitane la maggioranza avrebbe invece raggiunto un accordo con il Nuovo centrodestra disponibile a votare l’articolo 7 del disegno di legge sulle Province rinviando la definizione delle funzioni a una successiva legge. Era stato il capogruppo del Pdl-Ncd, Nino D’Asero, a mettere sul tavolo la doppia proposta di mediazione durante i lavori parlamentari, in realtà già discussa nel corso di colloqui tra Crocetta, il segretario regionale del Ncd Giuseppe Castiglione e il segretario siciliano del Pd, Fausto Raciti.
Il percorso impervio di questa riforma viene reso ancora più difficile dallo scontro tra il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il Pd. Il presidente dell’Anci Sicilia nei giorni scorsi ha attaccato l’operato dell’Ars, ribadendo che in caso di mancata approvazione della riforma delle Province “la Regione dovrà essere commissariata”.
La replica del Pd è arrivata immediata con il segretario provinciale di Palermo Carmelo Miceli e il responsabile provinciale delle Politiche cittadine, Dario Chinnici: “E Orlando ritiene che il difficile dibattito su una riforma, che è ancora in discussione, sia sufficiente per invocare il commissariamento di una Regione, il sindaco di Palermo dovrebbe onestamente chiedersi, per coerenza, quali sarebbero le misure adeguate da adottare nei confronti di un Comune che, nei quasi due anni della sua amministrazione, non ha fatto altro che inanellare una lunga serie di fallimenti ed insuccessi”.