Il presidente di un qualsiasi paese in una qualunque parte di mondo. Il leader del Movimento dei giovani ribelli di un qualsiasi paese in una qualunque parte di mondo. Il confronto lungo una notte. L’esercito e i manifestanti che si fronteggiano nelle piazze di un qualsiasi paese in una qualunque parte di mondo. Ieri, oggi o domani, non conta: i temi sono universali, le parole conosciute, le perplessità che provocano in chi è spettatore, al teatro così come nella vita di ogni giorno, sono comuni, familiari quasi. Una coincidenza non voluta, non programmata quella che vede la messa in scena della piéce “Le Conquistatrici” al Teatro Libero di Palermo scorrere parallela con le drammatiche vicende dell’Ucraina e con il confronto serrato tra partiti tradizionali e Movimento 5 Stelle in Italia.
Nella drammaturgia di Gèrard Bargardie, tradotta e messa in scena da Beno Mazzone, i due ruoli principali, quello del Presidente della Repubblica e quello del leader dei giovani sono giocati al femminile, interpretati dalle eccellenti Sara Alzetta e Roberta Colacino. Due donne differenti per generazione, sensibilità, cultura, che nel corso di una notte, in preda alla disperazione di una battaglia fatta di idee, ideali e ragioni di Stato, impareranno a conoscersi, riconoscersi, violarsi, stimarsi. Ma non può che esserci una sola vincitrice.
“Di tutti i politici – afferma il Presidente – i più pericolosi sono quelli sinceri”. “Non faccio della politica un mestiere”, ribatte la giovane Jesa. “In questa pièce – scrive l’autore – desidero raccontare semplicemente il mio amore per la democrazia, la nobiltà ed il pericolo (l’orrore a volte!). Ho voluto parlare di noi, oggi, non polemizzare attorno a questa o quella azione politica condotta nel mondo attuale, ma provare ad approcciare la quintessenza della politica… Desidero far capire che il cuore, la vita, dovrebbero oltrepassare e superare le ideologie”.
Uno spettacolo con un ritmo interno, battuto dalle luci che separano le scene come lo scorrere delle ore, che dura poco più di un’ora ma che, come il miglior teatro civile (pur non avendo la presunzione di esserlo), lascia gli spettatori più ricchi.