Due ore e mezzo di colloquio con il presidente della Repubblica per dare il via libera ad un nuovo esecutivo non si era mai visto nella storia repubblicana. E a Matteo Renzi, da questo pomeriggio alle 19 presidente del Consiglio dei ministri in questo secondo scorcio di diciassettesima legislatura, è costato una gran fatica.
Si è presentato ai giornalisti quasi afono e evidentemente affaticato. Ed ha evitato di rispondere, se non con un sorriso ironico, a chi gli chiedeva come mai non avesse più voce. Matteo Renzi si era appena liberato del peso più grande che ha affrontato fin qui.
Aveva appena finito di elencare i nomi dei ministri che lunedì prossimo passeranno al voto delle Camere per ottenere la fiducia del Parlamento italiano su nomi e programma. E su una cosa il presidente del consiglio Renzi ha mantenuto l’impegno: 16 ministeri di cui 8 affidati a donne.
Anche di peso se si pensa che va a una donna, ed è la prima volta in assoluto, la guida del ministero della Difesa che da domani sarà guidato dalla ormai ex sottosegretaria Roberta Pinotti. Va a una donna anche il ministero dello Sviluppo Economico: si tratta di Federica Guidi che è di fatto il rappresentante di Confindustria nel governo Renzi: già presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria ha fatto da vice di Matteo Colannino quando a guidare la categoria era lui.
Nessuna sorpresa all’Economia: Pier Carlo Padoan, neo presidente dell’Istat, è già in viaggio da Sidney verso l’Italia dove arriverà in tempo per domattina alle 11.30 quando si svolgerà la cerimonia per il giuramento dell’esecutivo Renzi, nel salone delle Feste del Quirinale.
Questo è tra l’altro il Governo più giovane della storia con una età media inferiore ai 48 anni dove il più anziano è Pier Carlo Padoan che di anni ne ha 64.
Quelle di attesa sono state ore lunghe e confuse: Matteo Renzi è arrivato alla presidenza della Repubblica alle 16.45 e solo dopo due ore e mezzo è riuscito ad ufficializzare la lista dei suoi ministri. Segno, nonostante le parole rassicuranti dello stesso premier prima e del capo dello Stato poi, che il passaggio non è stato né indolore e nemmeno facile. Nessuna conferma, anzi la “smentita” da parte dello stesso capo dello Stato, sull’uso “del braccio di ferro”.
“Come vedete – ha detto ironico Napolitano – non ho subito alcuna operazione per l’impianto“. Ufficiosamente invece si sa che Renzi e Napolitano abbiano a lungo ragionato sul cambio di deleghe fra alcuni ministri, forse attuandolo effettivamente.
Mentre il colloquio fra Matteo Renzi e il presidente Napolitano era ancora in corso, il ministro per i Beni culturali Massimo Bray aveva scelto twitter per salutare il personale del Mibac: “Questa storia come tutte le storie ha una fine. Grazie al personale del Mibce ai cittadini che, come me, ci hanno messo cuore e passione” ha scritto il ministro uscente.
Per il ministero della Giustizia si è parlato con insistenza di Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria che questa mattina ai giornalisti dichiarava: “Sto lavorando. Non posso dire nulla. Né confermo né smentisco”. Per qualche minuto comunque, Gratteri è stato Guardasigilli almeno virtualmente. Su wikipedia, sul profilo del magistrato è apparsa infatti la scritta “ministro della giustizia del governo Renzi”. Frase poi rimossa. A quel ministero è andato Andrea Orlando, spostato dal ministero dell’Ambiente confermando rumors che erano stati smentiti.
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