The Bloody Beetroots, Raphael Gualazzi, Sanremo? In molti si saranno chiesti chi siano, o meglio, chi sia, il tizio con la maschera di Venom (no, non è Spiderman), Sir Bob Cornelius Rifo, che ha suonato sul palco dell’Ariston assieme al cantautore durante la prima puntata della 64esima edizione del Festival, presentando i brani “Liberi o no” e “Tanto ci sei”.
Per quanto possa non essere conosciuto ai più, Sir Bob, Bassano del Grappa, classe 1977, è considerato un pilastro della musica elettronica moderna: conosciuto in tutto il globo, rimane l’artista italiano più apprezzato nel mondo dell’EDM (Electronic Dance Music), riuscendo a vantare sold-out per praticamente tutte le date.
The Bloody Beetroots è il nome del progetto musicale creato dallo stesso, che a sua volta si compone di due parti: The Bloody Beetroots Live (precedentemente chiamato Death Crew 77), in cui Sir Bob e la sua band electro-punk suonano, appunto, dal vivo il loro repertorio, e The Bloody Beetroots Dj set, in cui sempre Sir Bob e Tommy Tea si esibiscono nelle discoteche e nei palcoscenici di tutto il mondo passando una selezione di brani. Oltre a questi due progetti principali, l’artista mascherato ha dato il via a “Church of Noise”, in collaborazione con Dennis Lyxzen.
Il 17 settembre è uscito l’ultimo album “Hide” sotto etichetta Sony, che vanta persino una collaborazione con Paul McCartney e Tommy Lee: proprio quest’ultimo accompagnerà il duo sul palco dell’Ariston venerdì 21 per proporre una particolare versione dell’indimenticabile “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno.
I quasi due milioni di fan su Facebook nella pagina ufficiale rendono ben chiara la portata della fama di The Bloody Beetroots e altrettante sono state le copie vendute di “Romborama”, il primo album del progetto. Per i più in realtà non c’è stato nulla di innovativo, ma gli amanti della musica elettronica sono stati con gli occhi incollati sullo schermo per scoprire cosa potesse nascere dall’incontro tra il genio sintetizzatore Sir Bob e le mani pianiste di Gualazzi.
Parecchie le critiche, parecchie gli elogi, anche se alcune testate come La Stampa hanno probabilmente sottovalutato l’aria di novità portata da questo duo, definendo The Bloody Beetroots “il minuscolo DJ buffamente mascherato come i Daft Punk”, senza rendersi conto di aver quasi screditato uno degli artisti più completi e talentuosi di questo decennio (e di aver confuso il casco dei Daft Punk con la maschera del personaggio Marvel).
“LIBERI O NO”, la canzone votata per passare il turno:
“WARP 1.9”, una delle tracce più famose di The Bloody Beetroots:
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