Le intolleranza alimentari potrebbero essere causate da disagi psicologici. Chi soffre di questo disturbo, ormai un adulto su cinque, sa che il corpo tende a “rigettare” alcuni cibi, creando alcuni disagi come mal di testa o mal di stomaco.
La psicopedagogista Edi Salvadori, ha correlato questo fenomeno a una questione meramente psicologica: il rifiuto di un cibo da parte dell’organismo potrebbe essere legato a un’emozione riconducibile all’alimento stesso. Rimuovendo questo blocco emotivo, si può ipotizzare che potrebbe scomparire anche il sintomo.
“Nella mia esperienza professionale – sostiene Salvadori – mi sono accorta che le intolleranze alimentari nascono, essenzialmente, dalla nostra incapacità di ascoltarci, di ascoltare i nostri desideri più profondi, di dare fiducia alla saggezza antica del nostro corpo”.
Ma c’è di più. La studiosa ha correlato alcuni cibi ad emozioni specifiche: l’intolleranza alla mela sarebbe legata, secondo l’esperta, al senso di colpa; quella al latte ad una figura materna ansiosa (per paura del distacco, perché ha vissuto un aborto, ha subito violenze, per proteggere la prole) o assente (perché presa dai suoi problemi lavorativi, esistenziali, dai suoi disagi relazionali).
L’intolleranza al glutine sarebbe correlata con la difficoltà di instaurare relazioni stabili e la paura di rimanere “invischiati”, soprattutto nel contesto familiare, quella al prezzemolo con la difficoltà di porre dei confini tra i propri bisogni e quelli degli altri e quella alla carne con uno stile di vita frenetico e caotico.
L’intolleranza al cioccolato, che se è fondente secondo Salvadori è sinonimo di una vita sessuale vissuta come senso del dovere e non del piacere, se al latte invece è la manifestazione di un bisogno di coccole e di dolcezza.
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