Ha usato un tono “meno sfacciato” del solito. Rivolto ai giornalisti, a cui ha rilasciato poche dichiarazioni dopo l’annuncio da parte del segretario generale del Quirinale, Donato Marra sul conferimento dell’incarico esplorativo, Matteo Renzi, – nella veste del premier incaricato – non ha potuto fare a meno di lanciare una stoccata contro le speculazioni giornalistiche che in questi giorni hanno riempito i quotidiani nel gioco del totoministri. “Capisco il vostro lavoro ma noi lavoriamo sui contenuti, non sui nomi” ha detto Renzi un po’ ingessato in un luogo come il salone della Vetrata del palazzo presidenziale che porta con sé un carico di atmosfere istituzionali.
Con poche parole, insomma, Renzi ha voluto smentire le trattative sotterranee in corso con i partiti della maggioranza che ha sostenuto il premier Letta e i diktat che in questi giorni alcuni esponenti di partito stanno cercando di porre al presidente del consiglio incaricato. Domattina cominceranno le consultazioni ufficiali alla Camera e dovrebbe tenersi anche il faccia a faccia tra Renzi e il leader del Nuovo centrodestra, Angelino Alfano che ieri ha sfidato il segretario nazionale del Pd rimarcando la sua volontà: mantenimento del vicepremierato e del ministero degli Interni insieme a due ministeri.
Un tris che Renzi non può accettare, soprattutto per dare un segno di discontinuità con il precedente esecutivo. Ad Alfano propone di scalare da cinque ministeri a due e forse potrebbe lasciargli il ruolo di vicepremier se deciderà di nominarne almeno un altro: eventualità che potrebbe aprire le porte al segretario di Scelta Civica, Stefania Giannini, data per probabile ministro della Pubblica Istruzione.
Ma in Scelta Civica si fa avanti anche un altro nome per un ministero di peso: Carlo Calenda, attuale sottosegretario allo Sviluppo Economico, potrebbe sedere sulla poltrona più alta del ministero. Ipotesi che potrebbe essere caldeggiata dal patron della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo a cui Renzi si è rivolto proprio per quel dicastero. Calenda e Montezemolo, infatti, sono fra i fondatori di Italia Futura, la fondazione che per mesi è sembrata il trampolino di lancio del presidente della Ferrari verso la politica attiva.
A contendere il posto di Alfano al Viminale potrebbe essere Dario Franceschini (per cui si profila anche il ministero della cultura) che verrebbe promosso dai Rapporti col Parlamento, incarico che potrebbe essere destinato alla giovane Maria Elena Boschi in discesa nelle quotazioni per il ministero delle Riforme.
Il nodo della questione ministeri riguarda però il Tesoro: Lucrezia Reichlin, candidata alla carica di vice governatore della Banca d’Inghilterra, non ricoprirà l’incarico. E nemmeno Pier Carlo Padoan, neo presidente dell’Istat, sarebbe intenzionato a spostarsi in via XX Settembre per mostrare “fedeltà” all’ex presidente del consiglio, Enrico Letta che lo ha voluto all’Istituto di statistica. Rimane in piedi la candidatura dell’economista Lorenzo Bini Smaghi.
Una donna alla Difesa, invece, sarebbe la prima volta in assoluto: il nome accreditato e non smentito è quello della sottosegretaria Roberta Pinotti.
Marianna Madia potrebbe invece andare al ministero del Lavoro mentre agli Affari regionali non si esclude una riconferma dal precedente governo: il siciliano Gianpiero D’Alia infatti potrebbe essere riconfermato ma con nuovo incarico.
Quasi certo invece il posto di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per il vero e unico ispiratore della linea Renzi: si tratta dell’attuale ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio, renziano convinto che dovrebbe ottenere un evidente e importante avanzamento a stretto contatto con il premier.
Sui tempi, invece, Renzi ha cercato di ‘nicchiare’: “Ci prenderemo il tempo necessario” ha detto. Ma ragionevolmente si può ipotizzare che fra giovedì e venerdì mattina la squadra dei ministri sia pronta e che si svolga al Quirinale la cerimonia del giuramento per passare alla fiducia alle Camere entro la giornata di sabato.