L’adesione al governo guidato da Matteo Renzi da parte del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano sarà la prova del nove. La prova cioè che nonostante le dichiarazioni ufficiali, quelle che propongono un orizzonte di legislatura al governo che vuole andare a dirigere a partire dalla prossima settimana, Matteo Renzi non ha intenzione di mantenere in piedi fino alla fine questa XVII legislatura.
In qualche modo lo aveva dimostrato, due giorni fa, presentando il suo “Impegno Italia 2014” anche Enrico Letta, disarcionato in malo modo dal suo segretario. Alcuni punti del documento programmatico del governo da sottoporre alla fiducia della sua maggioranza, compreso quindi Ncd ma anche Scelta Civica, sono sembrati quanto meno un azzardo: in particolare nelle sezioni dedicate alle unioni civili e allo ius soli. Tutti temi su cui anche Renzi dovrebbe dare uno slancio parlamentare.
Certo è che il segretario nazionale del Pd, in predicato di ricevere il mandato come capo del prossimo governo, il secondo di questa legislatura senza investitura popolare, ha priorità ben chiare: legge elettorale, abolizione del Bicameralismo e riforma del Titolo V della Costituzione. E su queste proverà a marciare dritto. Anche se dovrà verificare sul campo la disponibilità, se ci sarà ancora, di Forza Italia e di Silvio Berlusconi.
Il leader di Fi ha già fatto sapere che sarà lui, personalmente, a guidare la delegazione che farà ingresso al Quirinale per le consultazioni che il Capo dello Stato dovrà avviare formalmente dopo la consegna oggi delle dimissioni di Letta nelle sue mani. Un passaggio formale che potrebbe riservare qualche sorpresa: il presidente Napolitano – è una delle ipotesi non gradita a Letta – potrebbe decidere sulla necessità di ‘parlamentarizzare’ la crisi di governo. Letta cioè dovrebbe presentarsi alle Camere, riferire sulla crisi e annunciare lì le proprie dimissioni portando al voto il suo governo che otterrà certamente il dissenso dei circa 400 parlamentari, fra Camera e Senato, in capo al Pd. E non solo ovviamente.
Nel suo ultimo giorno da presidente del Consiglio Letta non ha rinunciato all’ultima riunione convocata a palazzo Chigi con la sua squadra di ministri, all’ultima riunione sul caso Marò e pure a una convocazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica.