La vertenza Almaviva non è più una questione di sede. Il tavolo che si è svolto alla Prefettura di Palermo con tutte le parti coinvolte lo ha dimostrato in maniera lampante. Un’evidenza a cui erano arrivati ormai anche le migliaia di lavoratori da anni appesi a una trattativa che pare senza fine. Ma c’è di più: l’azienda, prima di impegnarsi con una sede unica per i due call center palermitani chiede garanzie alle Istituzioni regionali per un “sostenibile piano industriale che dimostri la tenuta economica del sito produttivo di Palermo”.
“Si potrà parlare di sede unica solo a valle di un sostenibile piano industriale. E per quanto riguarda possibili canali di finanziamento – ha detto l’amministratore delegato di Almaviva Contact, Andrea Antonelli, in risposta all’offerta del deputato del Pd Fabrizio Ferrandelli su un possibile mutuo Irfis – siamo ovviamente disponibili a valutare qualsiasi proposta formalizzata e concreta”.
Avete chiesto alle Istituzioni regionali di affiancarvi in una battaglia nazionale contro le delocalizzazioni e il dumping. Cosa vi aspettate dal Governo e dal Ministero per lo Sviluppo economico?
“Ci aspettiamo che le Istituzioni territoriali si muovano a difesa delle migliaia di lavoratori presenti sul territorio (quelli di Almaviva ne rappresentano un valido esempio) e la cui continuità lavorativa è messa a rischio da un progressivo e sempre più veloce processo di desertificazione industriale”.
Le procedure per il trasferimento della sede legale sono state avviate o i fatti degli ultimi giorni hanno cambiato qualcosa?
“Nulla è cambiato. I fatti degli ultimi giorni non cambiano le nostre posizioni ed entro poche settimane la sede legale sarà a Palermo”.
Il rischio di centinaia di esuberi paventato dall’assessore regionale Linda Vancheri esiste davvero?
“Come credo di aver più volte chiarito, qui non siamo di fronte ad un problema di esuberi (fenomeno per il quale abbiamo già attivato ammortizzatori sociali) ma – con rischi facilmente immaginabili – di equilibrio industriale delle attività che – in conseguenza dei citati fenomeni di delocalizzazione e dumping – comportano un progressivo taglio delle attività ed una riduzione delle tariffe arrivate oramai a non coprire spesso neanche i costi del lavoro locale. Non andremo mai via da Palermo e sicuramente non chiediamo un taglio del costo del lavoro (già ai minimi stabiliti dal contratto nazionale di riferimento) per cui lotteremo fino alla fine ma riteniamo doveroso rappresentare in dettaglio ed in maniera ufficiale i fenomeni in atto ed il piano industriale che ne conseguirà”.
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