“Niente può essere all’altezza del ricordo di un forte spavento, e sottolineo niente, specie quando si è giovani e facilmente impressionabili”. Stephen King ha ancora una volta ragione.
Ho letto Shining 13 anni fa ed è stato un pugno allo stomaco. E chi ha visto solo il film di Stanley Kubrick è bene che sappia che Jack Nicholson fa paura solo per metà rispetto a Jack Torrance, il personaggio nato dal genio del re dell’horror.
Ma che fine ha fatto Dan Torrance, il figlio dello scrittore alcolista e con problemi di gestione della rabbia? Questa domanda il Stephen King se l’è posta un sacco di volte. “Di tanto in tanto, mentre ero sotto la doccia o guardavo un programma televisivo o guidavo per ore sull’autostrada, mi scoprivo a calcolare l’età di Danny e a chiedermi dove fosse finito” racconta nella nota di Doctor Sleep (edito da Sperling & Kupfer), il seguito del fortunato horror del 1977.
Danny è un vagabondo che da padre ha ereditato il ghigno, l’amore per la bottiglia e gli eccessi di ira. Ma con il tempo, e con una serie di fortunati incontri, alcuni “consigliati” da Tony, il suo amico immaginario da quando era un bambino, riuscirà a diventare un’altra persona. Proprio come Stephen King che, diciamolo pure, da sobrio fa meno paura.
“L’autore di Doctor Sleep è parecchio diverso dall’alcolista pieno di buone intenzioni che ha scritto Shining, ma entrambi sono interessati a una sola cosa: raccontare una storia formidabile”, è lui stesso ad ammetterlo. E una storia formidabile c’è davvero.
Tensione, nervi a fior di pelle si inseguono ad ogni pagina, rendendo reale una storia che non potrebbe essere più distante dalla realtà. Danny sa di avere un dono, lo shining, in italiano tradotto con luccicanza, ma conoscerà una bambina che è molto più speciale di lui. E che gli cambierà la vita.
La storia si intreccia in un’epico conflitto tra bene e male, dove a trionfare sarà l’amore. La cosa più strana è che i veri colpi di scena riguardano l’amore e l’affetto, piuttosto che il terrore.
Insomma, Stephen King “doveva sapere”. E probabilmente anche noi, fan del re dell’horror. Che questa volta ci ha fatto spaventare un po’ di meno. Ma comunque ci ha lasciato qualche residuo di incubo.