Niente esposizione all’esterno per frutta e verdura. Lo sottolinea la Corte di Cassazione, che promette sanzioni per i commercianti che non si adeguano alle disposizioni dettate dalle norme igieniche previste.
“La natura di reato di danno non richiede la produzione di un danno alla salute poiché l’interesse protetto dalla norma è quello del rispetto del cosiddetto ordine alimentare, volto ad assicurare al consumatore che la sostanza alimentare giunga al consumo con le garanzie igieniche imposte per la sua natura”. La Terza sezione penale così ha convalidato la pena pecuniaria prevista dalla legge 283 del 1962.
Secondo i giudici supremi il commerciante, è suo il caso su cui si sono pronunciati, esponendo la merce in strada ” si è reso colpevole di aver messo in vendita merce in cattivo stato di conservazione, non perché si trattasse di prodotti avariati, ma per il solo fatto che le tre cassette di frutta, che avevano spinto un cliente a denunciarlo, erano esposte all’aperto e, pertanto, a contatto con agenti atmosferici e gas di scarico dei veicoli in transito”.
“Tale diretto accertamento da parte della polizia giudiziaria risulta del tutto sufficiente a giustificare l’affermazione di penale responsabilità, evidenziando una situazione di fatto certamente rilevante – scrive la Cassazione nella sentenza 6108 della Terza sezione penale – e la cui sussistenza risulta peraltro confermata dallo stesso negoziante, laddove, nel suo ricorso, riconosce che la verdura era esposta per la vendita sul marciapiede antistante l’esercizio commerciale”.
Secondo la Corte di Cassazione, “la messa in commercio di frutta all’aperto ed esposta agli agenti inquinanti costituisce una violazione dell’obbligo di assicurare l’idonea conservazione delle sostanze alimentari e rispettare l’osservanza di disposizioni specifiche”, con questa sentenza i giudici hanno così reso definitiva la sanzione applicata lo scorso 11 aprile dal Tribunale di Nola.
Il fatto riguarda un evento svoltosi a Pomigliano d’Arco. Il commerciante si era rivolto ai giudici della Cassazione perché aveva rilevato che il giudice nel condannarlo aveva valorizzato “la sola collocazione all’aperto degli alimenti, ritenuti esposti agli agenti atmosferici” senza considerare “la presenza di segni evidenti della cattiva conservazione o l’inosservanza di particolari prescrizioni finalizzate alla preservazione delle sostanze alimentari”.
“Il cattivo stato di conservazione dell’alimento può assumere rilievo anche per il solo fatto dell’obiettivo insudiciamento della sola confezione, – si legge nella sentenza della terza sezione penale – conseguente alla sua custodia in locali sporchi e quindi igienicamente inidonei alla conservazione, ed è configurabile anche nel caso di condizioni igieniche precarie”.