Non sono fiordi, né caverne, né grotte o gallerie. Le foibe sono pozzi. Buchi nel terreno in cui si infilano i torrenti per sparire nel sottosuolo e diventare falde acquifere o chissà cos’altro.
Non è un termine italiano “foiba”, ma viene dal dialetto della Venezia Giulia. È diventata però una parola nota dopo la seconda guerra mondiale, quando i partigiani jugoslavi iniziarono un eccidio che portò alla morte di oltre quindicimila persone, per lo più italiani, anche se furono trovati anche corpi di croati e sloveni. Migliaia di cadaveri, che, talvolta, venivano fatti sparire, un po’ come i ruscelli, all’interno di questi pozzi creati dalla natura. Talvolta, sì, perché comunque per lo più le esecuzioni erano praticate in campi di prigionia e le tumulazioni in grandi fosse comuni.
L’obiettivo dichiarato era quello di eliminare il fascismo, poi si prese a eliminare tutti i possibili oppositori del regine del maresciallo Josip Broz Tito, dittatore jugoslavo e padre del comunismo slavo. In fine, diventò un vero e proprio atto di pulizia etnica nei confronti degli italiani di Dalmazia e della Venezia Giulia.
L’eccidio cadde nel dimenticatoio della storia fino a che, con una legge, la 92 del 2004, in Italia è stata istituita una giornata da dedicare alla memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, il 10 febbraio, denominata giornata del ricordo.
“Con intensa e profonda commozione sono oggi qui, insieme a voi, per ricordare una delle pagine più tristi che il nostro Paese, il nostro popolo ha vissuto: la tragedia della guerra, delle foibe, dell’esodo” ha detto il presidente del Senato, Pietro Grasso.
Visualizza Commenti
Testo molto breve che oero riesce a cogliere l argomento delle foibe