A dargli l’assist è stato il presidente ‘dimesso’ del Pd, Gianni Cuperlo. “Lo streaming, lo dico senza polemica, Matteo, anche perché ho pochi incarichi da cui dimettermi – ha sintetizzato con una battuta – pur essendo un sinonimo di trasparenza, sta limitando il nostro dibattito”. Il riferimento, Cuperlo l’ha fatto chiaro: eravamo qui per parlare di riforma del Titolo V della Costituzione ma anche del sostegno al governo. Argomento che il premier Enrico Letta ha sorprendentemente glissato ritenendo che bastasse dire, nel suo intervento in direzione, che lui ci sta a portare avanti l’esperienza.
E invece Renzi ribalta ancora la situazione di impasse e annuncia che il 20 febbraio, dopo che in aula sarà incardinato l’esame del disegno di legge di riforma elettorale e quello per l’abrogazione del Senato per la trasformazione in Camera delle Autonomie, una direzione del partito sarà dedicata al governo. Un processo vero e proprio, sostengono dallo staff del segretario del Pd.
Perché se da un lato Renzi non vorrebbe in alcun modo cedere alle pressioni di una staffetta che lo porti a palazzo Chigi in sostituzione del premier, dall’altro sa che il potere del partito sotto la sua direzione e la mole di consensi che ha personalmente portato in dote rischia di erodersi sempre di più sotto il peso di un governo a guida Pd che scontenta proprio tutti nonostante i risultati che Letta rivendica.
Il nodo centrale resta il percorso parlamentare della legge elettorale e il voto segreto su ogni emendamento previsto dal regolamento d’aula. Renzi dovrà capire insomma, quanto regge la pax interna al partito faticosamente guadagnata a suon di ultimatum e ricatti e quanto l’accordo col cavaliere che, dopo la decisione del presidente Grasso di costituirsi parte civile nel processo sulla compravendita dei senatori, potrebbe far saltare gli equilibri dell’intesa per le riforme istituzionali. Solo allora Renzi deciderà la strategia del ‘processo’: aggressiva e definitiva oppure attendista. In attesa che dal Colle romano più alto, il Quirinale, il presidente Giorgio Napolitano si decida a lanciare un messaggio chiaro. Ovvero il de profundis all’esecutivo Letta.