I familiari di un imputato denunciati dallo chef Natale Giunta per tentata estorsione hanno scatenato disordini fuori dall’aula del Tribunale di Palermo dove il ristoratore aveva appena ribadito le sue accuse.
Giunta, noto per la sua partecipazione a programmi tv, davanti ai giudici era stato messo a confronto con uno degli imputati, Maurizio Lucchese, e lo aveva riconosciuto come esattore del ‘pizzo’. Un confronto dai toni accesi in cui i due sono però rimasti sulle loro posizioni iniziali. Giunta ha raccontato di aver visto Lucchese in via Siracusa nel 2012. “Mentre andavo all’Asp, intorno alle 9 di mattina – ha detto lo chef – ho parcheggiato la macchina in via Siracusa e sono stato fermato da Lucchese che mi ha detto di incontrarmi con i suoi amici che mi volevano parlare. Ho detto vediamoci nell’ufficio e invece lui voleva incontrarmi fuori”.
Opposta la versione di Lucchese, titolare di un autonoleggio e per questo conoscente di Giunta, che dice di non averlo incontrato in via Siracusa quella mattina. “Non so che sta combinando con me – ha detto l’imputato – cosa vuole combinare. Io non c’entro niente in questa storia. Ci rispettiamo perché mi hai dato tante confidenze”. E poi rivolgendosi a Giunta, Lucchese ha proseguito: “Perché ti stai accanendo con me? Tra noi passava una buona amicizia, tu mi hai raccontato i tuoi problemi”.
Al termine dell’udienza ha reso dichiarazioni spontanee l’altro imputato, Giovanni Rao. Il giudice ha rigettato la richiesta del difensore Giovanni Castronovo di fare accertamenti sulle celle telefoniche intercettate dal cellulare del suo cliente per capire se Rao si trovasse negli uffici di Giunta quel giorno. “Come devo fare per provare la mia innocenza? – ha chiesto al collegio – Ho parlato del telefonino perché lo avevo sempre appresso, si può vedere dove ero il 2 marzo. Io sono sicuro al 100% che non ero da Giunta quel giorno. Sono dieci mesi che soffro, non ce la faccio più, la notte non dormo. Dieci mesi sono come dieci anni. Non avevo bisogno di questi soldi. Questa è la prima volta che vedo il signor Giunta. Di questo reato non so niente”.
I difensori di Rao, Castronovo e Nicolò Riccobene, avevano presentato istanza di ricusazione del collegio. Secondo i legali, i giudici, pronunciandosi sulla revoca delle misure cautelari avanzata dalla difesa, hanno “manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione”. La corte d’appello ha però rigettato l’istanza.
Terminata l’udienza, i familiari di Lucchese e Rao, con al seguito anche bambini in passeggino, si sono scalmanati, hanno urlato e inveito, colpito le transenne, si sono gettati per terra gettando nella confusione l’intero secondo piano del Palazzo di Giustizia. “Non ci muoviamo da qui – hanno detto – cosa dobbiamo fare per dimostrare che Rao è innocente. Giunta ci ha rovinato, è un tuffatore e Addiopizzo si è arricchita con questo”.
Il processo prosegue il 27 febbraio con la requisitoria e le arringhe degli avvocati.
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