La proposta che passerà oggi in direzione Pd è semplice. Al posto del Senato, una Camera delle autonomie composta da un minimo di 120 senatori a un massimo di 150, tutti nominati e non eletti che legifereranno solo in materia di autonomie locali e legislazioni regionali. I “nuovi” senatori non potranno votare il provvedimento di fiducia al governo ma potranno, questo sì, eleggere il capo dello Stato.
La nomina verrà ripartita per i consigli regionali e le Regioni a Statuto speciale che invieranno di diritto al ‘nuovo’ Senato, nelle ipotesi condivise dal segretario nazionale del Pd, Matteo Renzi e dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, i governatori e da due a cinque consiglieri o deputati regionali a seconda della estensione geografica delle Regioni.
I tempi sono importanti: alla bozza di riforma del titolo V della Costituzione hanno lavorato fino a tarda serata ieri il ministro degli Affari regionali, Graziano Delrio e la responsabile riforme del Pd, Maria Elena Boschi in stretto contatto con Denis Verdini e Raffaele Fitto, ministro degli affari regionali del governo Berlusconi.
Entro la metà di febbraio, assicurano da Largo del Nazareno, la riforma del titolo V sarà all’esame dell’aula di pari passo con la legge elettorale la cui discussione in aula riprende l’11 febbraio. I risparmi, secondo l’ipotesi di Renzi riguarderanno non solo l’azzeramento delle indennità dei senatori che non verrebbero pagati ma anche con la riduzione del personale della Camera alta del Parlamento prevedendo l’accompagnamento alla pensione per gli aventi diritto senza alcuna sostituzione.