La presenza annunciata del premier Enrico Letta alla direzione del Pd convocata per giovedì pomeriggio al Largo del Nazareno è un segnale chiaro. Il presidente del Consiglio intende guardare in faccia e pubblicamente il suo segretario Renzi, ormai stretto dalle richieste, trasversali, di “sporcarsi le mani” dall’interno, partecipando cioè con ministri “suoi” oltre al già presente Graziano Delrio al rimpasto annunciato e non ancora effettuato.
Diversamente, se cioè Matteo Renzi non indicherà suoi rappresentanti nell’esecutivo, potrà mantenere il ruolo di picconatore esterno del governo mettendone sotto scopa l’attività già ridotta al lumicino. Richieste in tal senso a Renzi arrivano dagli “alleati”, in primis da Angelino Alfano – l’unico che con il suo Ncd ha firmato la bozza di proposta di riforma elettorale che andrà al vaglio dell’aula di Montecitorio a partire dall’11 febbraio prossimo – ma anche dagli oppositori: Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia più volte ha provocatoriamente tentato il giovane sindaco di Firenze.
Che sull’argomento sembra voglia mantenere la linea: noi fuori per poter incassare il massimo risultato dall’azione disturbatrice che in queste settimane non ha mancato ripetutamente di mettere a segno.
Il rimpasto intanto: se il “nuovo” Pd marcato Renzi dovesse ancora defilarsi, Letta sarà costretto per non sfaldare la fragile alleanza che lo tiene in piedi, ad un riequilibrio soft sostituendo cioè solo le caselle aperte a cominciare dal ministero dell’Agricoltura lasciato scoperto dalle dimissioni di Nunzia De Girolamo. Dovrebbe sostituire il viceministro dell’Economia, Stefano Fassina e trovare i sostituti per le poltrone di viceministri al ministero della Funzione Pubblica, dopo le dimissioni di Gianfranco Miccichè e la non riconferma di Michela Biancofiore, entrambi berlusconiani di ferro.
E questo potrebbe avvenire a breve, già il 7 febbraio dopo la direzione Pd. Diversamente, di rimpasto si parlerà comunque entro fine febbraio quando il percorso parlamentare del ddl di riforma della legge elettorale sarà compiuto almeno a Montecitorio. Renzi, infatti, in questi giorni in cui gli uffici legislativi dei gruppi parlamentari stanno “confezionando” gli emendamenti al testo (Ncd insisterà con l’inserimento delle preferenze trovando “in teoria” l’opposizione dura di Forza Italia), cerca sponda presso tutte le formazioni politiche: ha telefonato a tutti, ha incontrato chiunque fra gli alleati, soprattutto i piccoli partiti che la riforma mette all’angolo, nel tentativo di parare i colpi di eventuali franchi tiratori e oppositori che farebbero saltare il tavolo di trattative con Berlusconi. E non intende per questo inquinare l’ambiente indicando suoi ministri nei posti chiave del governo. La direzione Pd, dunque, sarà decisiva.
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