”Abbigliamento consigliato per una visita ginecologica: gonna e calze autoreggenti”: un foglio con questa scritta è stato appeso sulla parete di un ambulatorio di ginecologia di un consultorio di Gallipoli nel Salento e ha suscitato una serie di commenti dopo una paziente ho postato la foto su Facebook.
La vicenda è raccontata oggi dal Corriere del Mezzogiorno-Puglia, che spiega che il direttore generale dell’Asl di Lecce, Valdo Mellone, non sapeva nulla del cartello e l’ha fatto rimuovere. “Nessuno al mondo può pensare di scrivere su un cartello che le donne devono presentarsi in calze autoreggenti alla visita ginecologica senza che ciò susciti reazioni o comunque commenti piccanti che certamente non fanno bene alla sanità pubblica”, ha dichiarato al quotidiano. “Bene hanno fatto quelli che hanno protestato. Dico ciò anche perché questo tipo di indicazioni può essere dato dal Cup, al limite deve essere comunicato a voce”.
L’indagine-lampo disposta dal manager ha consentito di accertare – spiega Mellone – che “è stata una dottoressa a scrivere quel messaggio in modo alquanto sbrigativo. Un’imprudenza che abbiamo già cancellato rimuovendo l’avviso”. Secondo il direttore questo tipo di indicazioni può essere dato dal Cup, al limite deve essere comunicato a voce.
La dottoressa Bruna Scarcia dal proprio profilo Facebook ha risposto alle critiche: con il cartello “Veniva “consigliato” di andare a visita in modo semplice e pratico evitando pantaloni, collant e prediligere le calze. La pubblicazione è stata fatta da una giovane donna che evidentemente, non avendo compreso le motivazioni di detto consiglio, invece di chiedere spiegazioni al personale, ha preferito renderlo di pubblico dominio trovandolo “scioccante”. Se tale avviso circa l’abbigliamento idoneo può non essere stato compreso in una non addetta ai lavori, risulta davvero inspiegabile che analogo pensiero possa essere stato condiviso da un medico ospedaliero che è ben consapevole dei rischi infettivi che possono occorrere in ambiente ospedaliero come in qualsiasi altro ambiente sanitario. Tale medico è per altro attivista in politica. Lo stesso medico ha definito detto consiglio: “UNA COSA ASSURDA CHE NON SI PUO’ NEMMENO LEGGERE”. L’avviso apposto sul Consultorio Familiare circa l’abbigliamento idoneo, non è per nulla originale in quanto sono esistenti oltre in quelle sanitarie anche in altri ambiti. “IL CONSIGLIO” su come vestirsi per accedere ad un ambulatorio ginecologico ha come fine quello di non indurre la donna ad appoggiare parti intime su una sedia pubblica senza alcuna protezione da parte dei propri indumenti. In conclusione basta un minimo di buon senso o se vogliamo di intelligenza per comprendere che con un’affluenza esistente nel Consultorio di Gallipoli, se più utenti poggiano le proprie parti intime in successione sulla stessa sedia può non essere sufficiente lo sforzo di lavare e disinfettare continuamente la stessa sedia per scongiurare la trasmissione di infezioni da una paziente all’altra. Ecco quindi quanto risulta indigesto il comportamento di quel medico che facendosi ritrarre in camice, fonendoscopio al collo, in ambiente ospedaliero, abbia avallato il dissenso dileggiatorio. Quasi a voler cosi demonizzare lo sforzo professionale sociale cui il consultorio di Gallipoli da anni si orienta per venire in contro alle varie richieste dell’utenza”.