Mezzo punto di qua, due punti di là. La mediazione fra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi ha partorito una via di mezzo che non è in grado di accontentare i piccoli partiti anzi spazzandoli fuori dal Parlamento se, come sembra ormai chiaro, la legge elettorale passerà in aula secondo le nuove modifiche apportate da un nuovo accorso sottoscritto – via telefono – fra il segretario del Pd Matteo Renzi e il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. A Montecitorio riusciranno a far parte della platea dei partiti rappresentati solo quei gruppi parlamentari che saranno in grado di superare la soglia di sbarramento del 4,5 per cento con una diminuzione di 0,5 punti rispetto al 5 per cento previsto originariamente nell’accorso siglato in un sabato di gennaio a Largo del Nazareno.
La nuova intesa prevede anche l’innalzamento al 37 percento della soglia per ottenere il premio di maggioranza, tre punti sotto la richiesta avanzata dalle formazioni che oscillano fra il 2 e il 3 per cento a livello nazionale, e che si fatto serviranno come ‘portatori d’acqua’ nelle coalizioni a cui faranno riferimento.
Berlusconi dal canto suo ottiene anche l’altro risultato utile: l’emendamento salva-Lega che consente al partito di Matteo Salvini una speciale deroga come rappresentante di forze territoriali. Una norma tutta a favore della coalizione di centrodestra.
In quell’area politica, gli accordi sembrano chiari: in un ristorante romano, Raffaele Fitto, ex presidente della Regione Puglia e pretoriano del cavaliere Berlusconi, sanciva con il “Celeste”, Roberto Formigoni, gli ultimi dettagli dell’accordo che hanno garantito al Nuovo centrodestra le candidature multiple, ovvero in più collegi, in grado di garantire una sicura vittoria degli esponenti di primo piano dei partiti più piccoli che poi decideranno in quale collegio far scattare il proprio seggio.
Richiesta avanzata da Ncd di Angelino Alfano e accolta dal cavaliere che conferma così i rapporti continui con i fuoriusciti dal Pdl. Non appare strano, quindi, che a lanciare strali contro i nuovi termini dell’accordo siano i “piccoli”.
“La legge elettorale è l’architrave della democrazia e non può essere decisa in Parlamento in poche ore. Tra l’altro la bozza Renzi-Berlusconi ha ancora diversi problemi da correggere, dalla mancanza delle preferenze alle soglie di sbarramento che ledono il principio di rappresentanza. Se passasse così com’è ora, milioni di elettori sarebbero senza rappresentanza. E’ una questione di democrazia” dice il presidente del gruppo Misto alla Camera e vicepresidente di Centro Democratico Pino Pisicchio, primo firmatario della lettera con cui ieri Popolari per l’Italia, Centro democratico, Sel e Fratelli d’Italia chiedevano alla presidente della Cameta, Laura Boldrini, più tempo per l’esame in commissione del testo di legge di riforma.
Che arriverà al vaglio dell’aula di Montecitorio al più tardi venerdì 31 gennaio per andare all’approvazione in prima lettura entro il mese di gennaio. Silenzio dalla corrente bersaniana del partito impegnata oggi nella sede del Pd in un vertice con il segretario Renzi che ha disertato una riunione dell’Anci proprio per discutere di legge elettorale con i maggiorenti e con i componenti Dem della commissione affari costituzionali.
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