Il pentito Angelo Fontana ritratta le dichiarazioni sul fallito attentato a Giovanni Falcone sugli scogli davanti alla villa del magistrato all’Addaura il 21 giugno ’89. Dice di essersi inventato tutto e che nei giorni in cui aveva indicato di aver partecipato all’esecuzione dell’attentato – che poteva essere anche solo un tentativo d’ intimidazione – si trovava negli Stati Uniti con obbligo di firma.
L’ex mafioso dell’Acquasanta ha parlato coi pm di Caltanissetta – scrive il Giornale di Sicilia – che hanno aperto un’inchiesta per calunnia e autocalunnia. Alcune dichiarazioni di Fontana, che aveva accusato il cugino Angelo Galatolo di aver partecipato al fallito attentato, erano state riscontrate dall’analisi del dna di alcuni reperti trovati sugli scogli del lungomare palermitano che avevano dimostrato che le tracce appartenevano proprio a Galatolo.
Ma Giuseppe Di Peri, il legale di un altro cugino omonimo di Angelo Galatolo, imputato in un altro processo, ha trovato un foglio che dimostra l’obbligo di firma che aveva Fontana nel periodo del fallito attentato a New York. Fontana dunque si è inventato tutto. Nel luglio 2010 il pentito fu portato proprio all’Addaura per ricostruire ”fisicamente” le scene che aveva raccontato agli investigatori.
Fontana aveva accusato di aver piazzato i candelotti di dinamite di fronte la villa di Falcone i mafiosi Salvatore Madonia, Gaetano Scotto, Raffaele e Angelo Galatolo e se stesso. Nella vicenda del fallito attentato si sono inserite anche indagini sull’omicidio dell’agente di polizia Antonino Agostino, sulla scomparsa del collaboratore del Sisde Emanuele Piazza e su un presunto ruolo di pezzi dei servizi segreti.