È durato circa tre ore l’incontro tra i sindacati e l’amministratore delegato di Almaviva Contact, Andrea Antonelli, giunto a Palermo per parlare con i rappresentanti dei lavoratori della difficile piega presa dalla vertenza con le Istituzioni regionali.
Dopo un breve excursus sullo stato economico dell’azienda, che pare – riferiscono i sindacati – abbia registrato una perdita del 25 per cento nell’ultimo trimestre del 2013 rispetto a quello del 2012, si è passati a discutere la criticità della situazione logistica dei due call center di Palermo.
“Per Almaviva – dice Salvatore Montevago, segretario provinciale di Cisal Comunicazione – il problema principale da risolvere non è la sede, intesa come luogo fisico, ma l’esborso di oltre sette milioni di euro per la ristrutturazione dell’edificio attualmente oggetto di trattativa (la ex sede Telecom di via Ugo La Malfa, n.d.r.). Ma c’è di più, secondo le dichiarazioni dell’amministratore delegato, ammesso e non concesso si riuscissero a recuperare i fondi o gli investimenti per la nuova sede, i problemi rimarrebbero, in quanto legati ad un mercato dove sempre più i diretti concorrenti di Almaviva continuano ad abbassare i prezzi, sfruttando di volta in volta, leggi sul territorio, delocalizzazione, inquadramenti contrattuali dei lavoratori e altro”.
La sensazione, riferiscono le fonti sindacali, è che l’asticella delle richieste si stia alzando, passando dalla richiesta di una sede adeguata alla richiesta di un supporto più completo a sostegno delle attività dei call center. Come dire: mettiamo che adesso, con l’accelerazione della vertenza, ci assegnano una sede: e poi? Chi la ristruttura? E come la si mantiene se calano le commesse per via del costante fenomeno delle delocalizzazioni, se i clienti continuano a chiedere tariffe sempre più basse? Tutti problemi che l’azienda piazzerà sul tavolo della contrattazione regionale. E su cui ha chiesto ai sindacati di sensibilizzare le Istituzioni.
“Proprio adesso che si potrebbe aprire uno spiraglio per la risoluzione della vertenza sulla sede – scrivono in una nota congiunta i sindacati Slc Cgil, Uilcom e Fistel Cisl – l’azienda sposta il tiro su questioni non di competenza delle istituzioni locali ma nazionali, quali il calo dei volumi che scaturisce dalla delocalizzazione e dal costo del lavoro. Non capiamo come un gruppo così grosso come quello di Almaviva, che in Italia occupa oltre nove mila dipendenti nei call center, non sia in grado di dichiarare alla parte politica attraverso i mass media, che la politica della ‘delocalizzazione autorizzata dallo stato’ costringerà prima o poi alla chiusura di buona parte dei suoi siti produttivi! Sembra, dunque, provocatorio e strumentale addurre motivazioni che esulano dal contesto territoriale”.
Ieri mattina, intanto, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando è entrato ufficialmente in possesso dell’immobile di via Ugo La Malfa su cui si è concentrata in questi anni la trattativa tra Almaviva e la Regione. Resterà adesso in attesa di sapere se verrà coinvolto nelle trattative, avendo già confermato la sua disponibilità a concedere l’edificio. Fermo restando che il Comune non potrebbe certamente accollarsi le spese di ristrutturazione e adeguamento, pari a oltre sette milioni di euro.
Antonelli, nel corso dell’incontro, ha chiesto a tutti i presenti che vengano sensibilizzate le istituzioni su tali problemi. E questo è infatti lo scopo della manifestazione organizzata per mercoledì 29 gennaio a Palermo, a cui parteciperanno anche i lavoratori della sede di Catania, che proprio oggi hanno saputo di aver perso la commessa Mediaset.
“A prescindere da quali fossero gli “aiuti” che a suo parere potevano mettere in campo le istituzioni territoriali – prosegue Montevago – abbiamo ribadito di volere finalmente discutere con l’azienda un piano industriale a medio termine che potesse dare certezze ai lavoratori. A queste domande abbiamo ricevuto solo un accenno di risposta, dove l’azienda ha specificato che dalle Istituzioni territoriali vorrebbe un interessamento riguardo macrotemi come la delocalizzazione o le gare al massimo ribasso, come a dire che il problema possa essere risolto dal governatore o dal sindaco, senza considerare che tale pratica va risolta a livello nazionale e con l’interessamento di tutta la classe politica nazionale. L’impressione che abbiamo avuto non è quella di un voler gettare la spugna sul territorio, ma di sicuro abbiamo avuto sentore del fatto che si sia alzata l’asticella delle richieste”.