Qualche giorno fa Papa Francesco ha rinnovato la commissione cardinalizia che vigila sulla “banca vaticana”. A sorvegliare le attività dello Ior, Papa Bergoglio ha spedito un “pool” di fedelissimi: Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna; Thomas Christopher Collins, arcivescovo di Toronto; Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e Santos Abril y Castelló, arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. A capeggiare la squadra sarà il nuovo Segretario di Stato Pietro Parolin, che sostituisce così il suo predecessore, piuttosto discusso, il cardinale Tarcisio Bertone.
Una mossa, quella del Papa, che non sorprende. Fin dall’inizio del suo pontificato, Bergoglio ha dimostrato un certo disagio rispetto a quanto accadeva intorno allo Ior. Nell’aprile 2013 durante una messa mattutina nella cappella della casa Santa Marta il Papa si era lasciato sfuggire una battuta “poco diplomatica”: «Ci sono quelli dello IOR, scusatemi eh, tutto è necessario, gli uffici sono necessari, ma sono necessari fino a un certo punto».
Il disagio di Papa Francesco e di gran parte della Chiesa Cattolica per tutto ciò che accaduto intorno allo Ior ha radici lontane. Il nome dell’Istituto per le Opere Religiose è spesso associato ad immagini e vicende poco edificanti: Marcinkus con il sigaro tra le dita, lo scandalo del Banco Ambrosiano, il ponte dei Frati Neri sul Tamigi, i finanziamenti segreti a Solidarnosc, fino agli avvenimenti più recenti di Vatileaks.
Ma a determinare il Papa per la linea dura saranno stati sicuramente gli scandali degli ultimi anni. Nel settembre 2010, sotto il Pontificato di Benedetto XVI, si scoprì che il presidente della banca, Ettore Gotti Tedeschi, era indagato dalla Procura di Roma per mancato rispetto delle norme antiriciclaggio (da una decina d’anni la competenza sullo IOR è della giustizia italiana) e vennero sequestrati 23 milioni di euro. Poco tempo dopo, la banca adottò le norme europee contro il riciclaggio, cedendo a pressioni pluriennali delle autorità di controllo italiane ed europee.
Gotti Tedeschi lasciò l’incarico nel maggio 2012, dopo scontri molto duri con le gerarchie ecclesiastiche e venne sostituito diversi mesi dopo da un avvocato tedesco, Ernst von Freyberg. A scuotere la Curia Romana e lo Ior però arrivano nel giugno 2013 l’arresto di monsignor Nunzio Scarano (su cui anche oggi si concentra la magistratura) e a luglio le dimissioni del direttore generale Paolo Cipriani e del suo vice Massimo Tulli.
Ora però lo Ior sembra destinato a grandi cambiamenti. Il Papa tramite il suo segretario particolare, il maltese Alfred Xuereb, sta vigilando sul lavoro delle due commissioni referenti che dall’estate scorsa stanno scandagliando la situazione dello Ior e delle strutture economiche vaticane. L’obiettivo non è solo quello di fare chiarezza su molte vicende, ma anche di riformare all’insegna della trasparenza Ior, dicasteri economici del Vaticano, i patrimoni dell’Apsa e di Propaganda fide.
Fonti d’Oltretevere sostengono che allo studio degli esperti ci sono delle possibili ristrutturazioni e soprattutto la forma che dovrebbe prendere il “forziere” vaticano in una possibile revisione del suo status. In questo senso l’ipotesi più accreditata è la fusione tra Ior e Apsa, l’amministrazione del patrimonio che ha anch’essa funzioni bancarie, anzi è considerata la “banca centrale”. Allo studio ci sarebbe anche l’accorpamento tra la gestione delle proprietà immobiliari dell’Apsa e quella, altrettanto ingenti, di Propaganda Fide.
Si annunciano grandi riforme dunque, con l’intento sempre più chiaro di ridurre il sigaro di Marcinkus ad un cattivo e lontano ricordo.