Si dovrà attendere un pronunciamento della Corte costituzionale per dirimere la vertenza tra Fincantieri e la Regione sull’affido di un appalto pubblico per la ristrutturazione dei bacini di 52 e 19 mila tonnellate all’interno dei cantieri navali di Palermo. Saranno i giudici della Consulta a chiarire i termini il conflitto tra una legge nazionale ed una regionale in materia di appalti.
Lo ha deciso il consiglio di giustizia amministrativa esaminando il ricorso presentato da Fincantieri assistita dall’avvocato Angelo Clarizia, Ignazio Scardina e Gianni Zgagliardich. Un ricorso contro l’assessorato regionale alle attività produttive e la società Cimolai Spa il gruppo che si era aggiudicato i lavori di ristrutturazione dei bacini di carenaggio.
A sollevare la questione proprio la società di Trieste che ha chiesto la nullità del bando per violazione dell’articolo 2 della legge regionale 15 del 20 novembre del 2008. Secondo Fincantieri la disciplina della “tracciabilità dei flussi finanziari relativi a pubblici appalti” è di competenza esclusiva dello Stato in quanto unico legislatore deputato alla gestione della politica di prevenzione e repressione della criminalità organizzata di matrice mafiosa.
Proprio nell’esercizio di tale potestà legislativa esclusiva, che il legislatore statale ha approvato la legge nazionale 136 del 2010, sul “Piano straordinario contro le mafie”. In forza di questa norma, il testo regionale del 2008 dovrebbe, essere abrogato. Da qui l’eccezione di legittimità costituzionale della norma. Fincantieri più volte ha ribadito che ristrutturare questi bacini sarebbe una soluzione transitoria e uno sperpero di danaro pubblico. “Sarebbe meglio attraverso un progetto di finanza – dicono da Trieste – realizzare un nuovo bacino galleggiante”.