Nel nostro precedente appuntamento abbiamo attraversato la Sicilia da nord a sud percorrendo la SS624 (chiamata “fondo valle”) che unisce Palermo a Sciacca. Ebbene, pochissimi chilometri prima di arrivare nella città natale di Tommaso Fazello (storico e teologo del XVI secolo) e di Giovanni Bongiovì (nonno paterno di Jon Bon Jovi, leader del famoso gruppo hard rock-heavy metal dei Bon Jovi), troviamo il bivio per Caltabellotta, antico borgo montano dalle nobili origini che conta oggi poco più di 4.000 abitanti.
Riconoscibile già da lontano per i suoi tre “pizzi”, da cui lʼantico nome Triokala, Caltabellotta è raggiungibile anche dalla SS115 (che collega Sciacca con Agrigento) subito dopo aver attraversato il ponte sul fiume Verdura. Percorrendo questa strada, dopo pochi chilometri, guardando attraverso un bosco di eucalipti si possono scorgere i ruderi del castello castello di Poggio Diana. Di questa vasta fortezza eretta nel XIV secolo, ai cui piedi scorre il fiume Verdura, rimangono ancora in piedi la torre cilindrica merlata (presente nello stemma del Comune di Ribera) e una torre quadrata. Continuando la salita verso il paese tra estesi uliveti, e superato il borgo di SantʼAnna, incontriamo la Chiesa di Santa Maria di Montevergine eretta nel XII secolo, completamente restaurata (anche troppo), della quale è ancora ben conservato il bel portale gotico.
Prima di entrare a Caltabellotta vale la pena fermarsi per ammirare da lontano questo gioiello incastonato in una cresta rocciosa dalla caratteristica sagoma, che ha nel Monte Castello la sua cima più alta (m. 949). Appena entrati in paese si incontra una parete rocciosa con scavate numerose piccole grotte, camere sepolcrali di unʼantica necropoli, disposte irregolarmente a varie altezze. Il centro storico, dallʼimpronta urbanistica tipicamente islamica, è impreziosito da chiese di varie epoche. Particolarmente suggestiva è la piccola Chiesa di S. Maria della Pietà, in parte scavata nella roccia. Tra le strette vie incontriamo il bellissimo portale gotico della Chiesa di San Francesco (XII secolo) ormai chiusa al culto a causa dei forti danni strutturali.
La particolarità che rende Caltabellotta unica tra i tanti gioielli della Sicilia è data dalla presenza delle tre vette che sovrastano lʼabitato. Sulla prima a ovest è arroccato l’Eremo di San Pellegrino. A lato la piccola Chiesa del XVII secolo con un bel portale barocco sostenuto da due cariatidi che fanno sfoggio dei loro seni, esempio non infrequente di coesistenza tra sacro e profano. La vetta centrale è il monte Castello alla cui base sopravvive, sfidando tutti i principi della moderna ingegneria, lʼultimo angolo della torre del castello normanno appartenuto ai Conti Luna. Probabilmente lì fu firmata la storica “pace di Caltabellotta” che pose fine alla guerra del Vespro fra Angioini e Aragonesi, segnando il passaggio della Sicilia dall’orbita dʼinfluenza francese a quella spagnola. Una ripidissima scalinata porta in cima al monte da dove è possibile godere di un panorama stupendo! Guardando verso sud, nelle giornate senza foschia, è possibile vedere tutta la costa da Marsala ad Agrigento. Verso nord invece, uno strapiombo mozzafiato proibito a chi soffre di vertigini, domina su unʼampia vallata.
La terza vetta, la rupe Cogàla, si erge sul “piano della Matrice”, dove, oltre alla Chiesa Madre edificata nel XI secolo per volontà di Ruggero II, si trova la piccola Chiesa di San Salvatore col suo interessante portale. Tra le due chiese, rivolti verso lo strapiombo possiamo ammirare lʼ”Anciluni” (lʼAngelo ne) un enorme masso triangolare a testa in giù in barba alla forza di gravità. Il posto è di straordinaria bellezza sia dal punto di vista panoramico che artistico, ma è quasi ora di pranzo e bisogna cominciare ad organizzarsi.
Lasciamo pertanto Caltabellotta e iniziamo la dolce discesa (600 metri di dislivello) verso Burgio, la città delle ceramiche e delle campane e del tartufo. Ebbene sì, anche a Burgio come ad Alba e come a Norcia è possibile reperire una “trifola” locale. Addirittura si può trovare sia il bianco che il nero a seconda delle stagioni. È meno profumato rispetto ai più titolati “colleghi”, ma certamente meno costoso. La scoperta del tartufo nel territorio potrebbe diventare unʼimportante fonte di reddito per lʼeconomia locale. La Regione Siciliana ci crede tanto che ha avviato un progetto per lo sviluppo della tartuficultura nellʼisola. E ci crede anche il Comune di Burgio, al punto da presenziare a tutte le manifestazioni nazionali organizzate per la degustazione del prezioso tubero. Tra le tante ricette proposte mi sembra interessante quella dello Chef Alfonso Pollari (trovata su Internet), ovvero cavateddi di pasta fresca con ricotta di pecora, finocchietto selvatico, mandorla e “tartufo bianchetto” di Burgio. Suggerirei comunque di provarne una “grattata” su una ricca “carbonara”.
Soddisfatto il palato e lo stomaco facciamo un giro alla scoperta delle altre ricchezze di questa cittadina di poco più di 3.000 abitanti. Da sempre l’economia di Burgio è stata legata all’artigianato. Vanta una secolare tradizione nell’arte delle maioliche dai caratteristici colori verde, giallo e blu apprezzate ed esportate in tutto il mondo. Interessante è la visita al Monastero dei Frati Minori Riformati che ospita il Museo della Ceramica. A Burgio esiste lʼunica fonderia di campane della Sicilia, una delle poche esistenti in Italia che ha prodotto campane per secoli, esportandole in molti paesi del mondo Questʼarte nata nel 1500 dalla famiglia Virgadamo, e tramandata di padre in figlio, costituisce oggi unʼattività professionale e unʼattrazione turistica per i visitatori. La parte più antica del paese si sviluppa attorno al castello di epoca normanna, un edificio a pianta rettangolare le cui mura perimetrali superano i due metri di spessore. Da visitare anche il Museo delle Mummie. A circa 8 Km dallʼabitato, a unʼaltezza di 800 metri circa, si trova il Santuario di Rifesi di epoca Normanna (XII secolo), oggi non più totalmente agibile. Soltanto la Chiesa, recentemente ristrutturata, è in buone condizioni. Al suo interno era ospitato un Crocifisso in legno, anchʼesso del XII secolo, oggi custodito nella Chiesa Madre di Burgio.
Viene portato in solenne processione fino al Santuario ogni seconda domenica di Agosto. La strada, alquanto dissestata (è consigliabile un SUV), attraversa un bosco di querce secolari che aggiungono fascino a questa meravigliosa escursione. Sulla via del ritorno, al calar del sole, un suggestivo tramonto su Calabellotta è stato la classica ciliegina sulla torta.