La Fondazione Stamina guarda ancora una volta agli Stati Uniti per verificare l’efficacia del metodo di cura. Lo ha riferito nel corso di una conferenza stampa il vicepresidente della fondazione, Marino Andolina. Stamina Foundation sta per avviare quindi una collaborazione scientifica con una nuova università negli Usa, il cui nome viene tenuto segreto.
L’annuncio arriva a pochi giorni dal blocco deciso dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che ha imposto agli Spedali Civili di Brescia lo stop dell’invio di cellule al Centro trapianti cellulari del Diabets research Institute di Miami.
Volare oltreoceano potrebbe frenare le aspre polemiche sorte in questi mesi sull’applicazione della terapia a base di cellule staminali. Ultimo caso, in ordine di tempo, le contestazioni alla trasmissione Presadiretta condotta dal giornalista Rai Riccardo Iacona.
Ma affinché venga avviata all’estero la valutazione sulla possibile applicazione del metodo Stamina, ha spiegato lo stesso Andolina, è però necessario che un giudice civile ordini la disapplicazione dell’ordinanza dell’Aifa. “Il potere di blocco è così forte che non credo ce la faremo. Chi può ha già deciso”. Dice ancora Andolina. Intanto Vannoni ha aunnunciato il ricorso contro la diffida dell’Agenzia del farmaco agli Spedali di Brescia. “Se non potremo avere la disponibilità dei campioni cellulari presenti a Brescia – ha precisato – faremo all’estero dei test ex novo”.
In questo contesto non è da sottovalutare quale sarà la reazione dei 36 pazienti attualmente in cura e degli oltre ventimila che sperano disperatamente di accedere alle cure. “So che avrò una vecchiaia molto triste – ha concluso Andolina -, perché settimanalmente sentirò morire per telefono i miei pazienti”.
Proprio per mettere al primo posto il bene dei malati e della stessa professione medica l’ordine dei medici di Brescia chiede di ”fare chiarezza al più presto” sulla terapia, per bocca della vicepresidente, Luisa Antonini. ”Siamo davanti a cure non validate scientificamente, che potrebbero anche rivelarsi nocive dal momento che sul contenuto delle infusioni praticate ai malati restano ancora troppe ombre – afferma la vicepresidente – La bussola che deve guidare il clinico resta il codice deontologico”.