La condanna a 18 anni di carcere è stata chiesta dal pm della Dda Pierangelo Padova per l’ex sindaco di Campobello di Mazara (Tp) Ciro Caravà, 54 anni, imputato assieme ad altre sei persone nel processo, in corso nel Tribunale di Marsala, scaturito dall’operazione antimafia ‘Campus Belli’ del 16 dicembre 2011. Tra le persone allora arrestate dai carabinieri del Ros anche l’ex sindaco, all’epoca ancora in carica e a capo di una giunta di centrosinistra. In seguito, il Comune fu sciolto per infiltrazioni mafiose.
Dalle indagini, infatti, sarebbe emerso, secondo i pm, che il sindaco Caravà intratteneva rapporti con esponenti della locale famiglia mafiosa capeggiata da Leonardo Bonafede, 81 anni, anch’egli imputato assieme a Cataldo La Rosa, di 48 anni, e Simone Mangiaracina, di 76, considerati il “braccio operativo” dell’anziano boss, a Gaspare Lipari, di 46, che avrebbe svolto una funzione di “collegamento” tra il sindaco e il capomafia, ad Antonino Moceri, di 62, e ad Antonio Tancredi, di 53. Gli ultimi due, imprenditori del settore olivicolo, sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. Adesso, per Mangiaracina il pm Padova ha chiesto la condanna a 20 anni di carcere, mentre 18 anni sono stati invocati per La Rosa, 16 anni per Lipari, 15 anni ciascuno per Moceri e Trancredi e 6 anni per Bonafede.
Quest’ultimo, già condannato in passato per associazione mafiosa, è accusato soltanto di intestazione fittizia di beni. Al centro delle indagini, avviate nel 2006, c’e’ uno dei ”sodalizi criminali” considerato tra i piu’ vicini al boss latitante Matteo Messina Denaro. Secondo gli investigatori, la famiglia mafiosa di Campobello di Mazara avrebbe mantenuto uno stretto collegamento con il ‘boss’ e, “attraverso un pervasivo controllo del territorio”, sarebbe riuscita a “infiltrare progressivamente le attività imprenditoriali ed economiche dell’area”. Parti civili nel processo sono il Comune di Campobello di Mazara e le associazioni antiracket di Trapani, Marsala, Mazara e Alcamo e il Centro “Pio La Torre”.