Mancano i fondi e musei e siti archeologici in Sicilia saranno chiusi la domenica. Così, ad esempio, il Satiro di Mazara del Vallo e la Venere di Aidone non potranno essere ammirati nei festivi fino a giugno.
L’ultima novità la riporta il quotidiano La Sicilia che svela una nota del dirigente generale dell’assessorato ai beni culturali, Sergio Gelardi, inviata il 27 dicembre, ai responsabili di musei, gallerie e parchi archeologici in cui prescrive la chiusura nei giorni ”rossi’ del calendario, Epifania esclusa, per il primo trimestre dell’anno.
Crocetta non ci sta e boccia nettamente il piano messo a punto dall’assessore ai Beni Culturali Mariarita Sgarlata e dal dirigente Gelardi, per le domeniche e i festivi: “La domenica musei e siti archeologici devono rimanere assolutamente aperti – ha detto all’Ansa il governatore -. Trovo assurdo che in una Regione dove esiste un precariato diffuso si arrivi a varare un piano che penalizza fortemente lo sviluppo turistico, producendo un grave danno per la Sicilia”.
Crocetta ha poi convocato il suo assessore e il direttore “per avviare immediatamente un piano che consenta la riapertura domenicale di tutti i siti”.
I beni culturali siciliani da tempo sono nella bufera soprattutto dopo che la Regione si è accorta che gli incassi per le entrate sono una miseria rispetto alle uscite dei costi per pagare i custodi, gli straordinari e le indennità per i festivi. Un esempio fra tutti: nel 2012 il museo di Centuripe ha incassato 1360 euro e i custodi in servizio sono venti. Il calendario prevede, per ora, la chiusura durante 27 festivi dei parchi archeologici di Selinunte e Segesta, di 13 della Valle dei Templi, di 34 del museo archeologico Salinas, di 30 di palazzo Abatellis, di 34 del museo di arte moderna di Palermo, di 13 della Villa romana del Casale. La Regione ha annunciato da tempo un piano di razionalizzazione del lavoro dei dipendenti dei musei e dei siti di beni culturali ma la prima mossa fatta é quella delle chiusure nei festivi.
All’Ansa Crocetta ha anche commentato la scelta di alcuni parlamentari dell’Ars di inquadrare collaboratori, arruolati prima dell’entrata in vigore della legge sulla spending review approvata il 18 dicembre scorso, applicando il contratto delle colf, garantendosi così il contributo almeno fino al 2017. “Trovo di cattivo gusto che vengano applicati contratti da colf per i collaboratori dei deputati. Io avevo assunto un collaboratore con un contratto giusto e ci rimettevo almeno 5mila euro: ora sono l’unico che ha rinunciato al portaborse”. Per il governatore “sarebbe stato opportuno, come avevo suggerito, che fosse l’Assemblea a gestire direttamente il pagamento dei collaboratori scelti dal deputato, invece si è preferita un’altra strada”.