Il 3 gennaio 1954 la Rai iniziava le sue trasmissioni. Era una domenica e gli italiani, davanti a una scatola oggi così familiare allora così misteriosa, videro la prima “signorina buonasera” Fulvia Colombo comparire nelle proprie case dagli studi del Centro di Produzione di Corso Sempione e annunciare: “La Rai, Radio televisione italiana, inizia oggi il suo regolare servizio di trasmissioni televisive”.
Con questa frase iniziano in Italia le trasmissioni televisive, una vera e propria rivoluzione per il Paese. “La televisione non ha cambiato gli italiani – ha scritto Carlo Freccero, critico e autore tv – ha fatto gli italiani”. Davanti al tubo catodico, gli italiani di ogni regione si ritrovarono più simili di quanto non avessero mai immaginato.
Dopo un periodo sperimentale, già nei primi mesi dell’anno gli abbonati erano 24 mila, diventati poi 88.118 a dicembre del ’54, quando i ripetitori erano 9 e gli studi televisivi 8 (5 a Milano, 2 a Roma, 1 a Torino). Nel giro di quattro anni si superò ampiamente il milione. E in dieci anni i milioni di abbonati erano cinque. Già nel ’58, comunque, la quasi totalità della popolazione era potenzialmente in grado di sintonizzarsi sulle frequenze del Programma Nazionale.
Come ricorda Aldo Grasso nella sua “Storia della televisione italiana. I 50 anni della televisione”, quel 3 gennaio del 1954, ad aprire le trasmissioni fu una breve rubrica settimanale di interviste a “note personalità” in arrivo o in partenza dall’aeroporto di Ciampino. Si intitolava “Arrivi e Partenze” e andò in onda alle 14.30: a fare gli onori di casa c’erano Armando Pizzo e un giovane Mike Bongiorno, già perfettamente a suo agio nel ruolo di intervistatore e intrattenitore. La regia era di Antonello Falqui. In serata, dopo una rubrica dedicata all’arte, il Tg (alle 20.45, più tardi rispetto ad oggi), seguito dal primo talk show della televisione italiana (si intitolava Teleclub), e poi dalla recita “in diretta” di una commedia di Goldoni. In chiusura, nemmeno a dirlo, la gloriosa “La Domenica Sportiva”, il programma in assoluto più longevo della tv italiana.
Nel giro di poco la ”spaventosa macchina” della tv, come la definisce nei giorni dell’esordio il giornalista de La Stampa Luigi Barzini, dimostra tutto il suo fascino e il suo potere sugli italiani. Le sue, sono parole profetiche: ”Tra breve, senza dubbio, l’apparecchio sarà letteralmente ovunque, dove ora sono radio-riceventi , in parrocchia, nello stabilimento di bagni, nelle trattorie, nelle case più modeste. La capacità di istruire e commuovere con l’immagine unita alla parola e al suono è enorme. Le possibilità di fare del bene o del male altrettanto vaste. L’Italia sarà in un certo senso, ridotta ad un paese solo, una immensa piazza, il foro, dove saremo tutti e ci guarderemo tutti in faccia. Praticamente la vita culturale sarà nelle mani di pochi uomini”.
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