Il famoso spot televisivo di un panettone recita: “A natale puoi… fare quello che non puoi fare mai”! Ma quando mai!? Se ci ritroviamo a canticchiarla è soltanto perché rientra in una di quelle subdole melodie che ti penetrano nel cervello e non te ne liberi più per tutto il giorno, e quando stai per sostituirla con qualche altra canzone, ecco che tornano a ripetere incessantemente la pubblicità tra un film di Macaulay Culkin e uno di Piccole donne.
Che a Natale fosse possibile fare tutto quello che non era possibile fare gli altri giorni dell’anno poteva essere vero quando si era bambini e le feste erano l’occasione per alzarsi più tardi la mattina, giocare tutto il giorno, ricevere regali, mangiare di più e incontrare i cuginetti che non si vedevano quasi mai da gennaio a novembre. Chi lo vive più oggi un Natale così? Sì, va bene, qualcuno ci sarà pure, ma esiste una buona fetta di società che il Natale proprio non lo sopporta.
Per sostenere questa tesi, avevo deciso di intervistare un po’ di gente. Ma non è stato necessario. Bastava dire: “Sapete, devo scrivere un articolo sullo stress da Natale e feste varie…”, che, ovunque mi trovassi, a casa col fidanzato, in ufficio con i colleghi, a cena con gli amici, e persino in auto con la mia famiglia, di testimonianze ne raccoglievo a bizzeffe. Tutti potenziali, o effettivi, membri del gruppo di Facebook “Quelli che quest’anno vorrebbero evitare il Natale”. E con le motivazioni più svariate.
“Non sopporto il pranzo con i parenti. Soprattutto per lo sguardo inquisitore di mia madre appena sono pronta che ogni anno, guardando i miei jeans d’ordinanza, mi dice ‘quando esci con i tuoi amici puoi metterti quello che ti pare, ma quando esci con me, non potresti vestirti un po’ più da signorina?’. Così si indossano degli stupidi abiti eleganti, si sta impacciati e a disagio tutto il giorno”. Questa una delle motivazioni più ricorrenti tra gli adolescenti.
Un must nella generazione dei trentenni è invece: “Fatta eccezione per mamma, papà, fratelli e sorelle, la famiglia è quella che mi sono scelto io, non quella che mi hanno dato”. Nonostante la crisi economica, la disoccupazione e le altre varie piaghe che li affliggono, i giovani adulti della nostra società hanno conquistato una loro indipendenza e soprattutto hanno raggiunto la consapevolezza dei rapporti familiari che li circondano: sanno che tra lo zio A e la zia B non corre buon sangue; sanno che la nonna ha sempre un figlio e dei nipoti prediletti, di solito quelli che abitano al piano di sopra o al piano di sotto; sanno che le liti per l’eredità sono ancora in corso. E allora, perché? Perché fingere di andare tutti d’amore e d’accordo per qualche giorno all’anno, con sorrisi affettati e indigestioni? Perché rinunciare alla spontaneità dei sentimenti e delle azioni solo perché è Natale?
Insomma, per trascrivere la lista completa dei motivi per odiare il periodo delle feste che ho raccolto potrebbe non bastare l’intero spazio web. La conclusione è: ciò che veramente turba del Natale, e delle feste in generale (non possiamo escludere Pasqua, compleanni e anniversari vari), è l’allegria forzata, il dover sembrare felici per forza, l’impossibilità di stare a casa a guardare un film senza essere tacciati di asocialità. Poiché se proprio in quei giorni hai dei motivi per sentirti triste, nervoso, paranoico, arrabbiato, allora tutto ti sembra ancora più grave, perché dovunque ti giri c’è qualcuno che ti dice: “Dai, oggi è Natale – peggio ancora Capodanno! (n.d.r.) – non fare così. Domani ci pensi”.