Facebook e privacy: nemici e amici. Pensare che a volte Facebook fosse un tantino ficcanaso è legittimo, ma che sia proprio un ficcanaso, questo, lo conferma l’ultima indiscrezione arrivata in merito al salvataggio, nel sistema del social network, dei post non pubblicati. Secondo quanto emerge dallo studio Self-Censorship on Facebook, autocensura su Facebook, sembra proprio che il team di Zuckerberg riesca ad arrivare proprio dappertutto.
Adam Kramer, il direttore scientifico dello studio che in passato è stato stagista a Menlo Parkm ha presentato una serie di documenti in grado di dimostrare come ci siano delle informazioni, appunto, che anche se non pubblicate vengono monitorate comunque da Facebook. E proprio tra le informazioni tracciate ci sarebbero gli status non pubblicati dagli utenti. Proprio tutti. Anche quelli solo scritti e poi non resi pubblici per motivi, come dimostra lo studio, che vanno dalla scelta personale, alla tutela dei rapporti con gli altri.
Lo studio era nato per approfondire la conoscenza dei motivi che spingono le persone a non pubblicare determinati post o status sulle proprie bacheche di Facebook. Nella ricerca sono stati presi in considerazione i pensieri creati da 5 milioni di utenti, tra gli Usa e la Gran Bretagn, ma mai pubblicati per due settimane durante il periodo estivo del 2012. Ed è stato proprio in questo periodo che Kramer ha capito come in realtà Facebook riesca a registrare anche quanto non reso pubblico.
Il 71 per cento degli individui inseriti nella ricerca non rende pubblici commenti o status che ha scritto. Le donne, in questo caso, sono meno spinte ad autocensurarsi rispetto alla popolazione maschile, mentre gli uomini tendono tendono a censurarsi se le amicizie femminile non sono molte. Ovviamente, poi, l’autocensura va molto forte nel caso in cui diretti superiori o il proprio datore di lavoro legga gli status. Da Menlo Park danno rassicurazioni spiegando che la registrazione di questi contenuti viene fatta per garantirte agli utenti consigli e suggerimenti su come muoversi all’interno del social network. Ma iul dubbio rimane: “Se non rendo un contenuto pubblico, per quale motivo Facebook è così interessata a salvarlo?”