Sensibilizzare gli studenti e spingere gli imprenditori a scommettere sul territorio attraverso il riutilizzo sociale dei beni confiscati. È questo lo scopo del corso di formazione presentato oggi dalla Camera di Commercio di Caltanissetta attraverso lo sportello Legalità, e finanziato dal fondo perequativo Unioncamere 2011/2012.
Il corso, della durata di 60 ore, è rivolto a 50 tra disoccupati, imprese, cooperative e associazioni della provincia nissena che intendano riutilizzare un bene confiscato alla mafia.
Sono intervenuti Sergio Lari, Procuratore capo della Procura di Caltanissetta, Antonio Balsamo, presidente della corte di Assise sezione penale di Caltanissetta, Elio Collovà, amministratore giudiziario, Gaetano Scillia, capo centro della direzione nazionale antimafia di Caltanissetta, Salvatore Benintende, di Libera, Giuseppe Enrico Di Trapani, del comitato Addiopizzo.
A rappresentare Antonello Montante, presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta, il delegato Salvatore Pasqualetto: “La cultura d’impresa non può essere disgiunta dalla legalità – ha detto Pasqualetto – in provincia di Caltanissetta l’accesso al credito è problematico: il costo del denaro qui è stimato un punto e mezzo in più rispetto alle province di Catania e Palermo, questo dato da solo pone le imprese del territorio già ai margini del mercato. Per evitare che il diritto prevalga sulla cortesia, lo Stato deve scommettere nel nostro territorio, per questo lo sportello della legalità, attivo sin dal 2008, oggi sarà potenziato da questo bando. Un percorso che culminerà con un master a Caltanissetta sui beni confiscati che sarà avviato il prossimo anno”.
Le iscrizioni alla camera di Commercio di Caltanissetta sono aperte fino al 4 gennaio. “Ormai è maturata la convinzione che per scardinare le organizzazioni mafiose è fondamentale sottrarre beni e potere economico alla mafia – ha detto Lari – uno dei motivi fondamentali per cui non si investe in questi territori è perché molte imprese sono direttamente o indirettamente controllate dalla mafia, un condizionamento che scoraggia le imprese sane a investire”.
“Secondo stime recenti, il valore in Italia dei beni confiscati e sequestrati ammonta a 40 miliardi di euro. Pensiamo ai benefici che si potrebbero trarre da questo patrimonio che potenzialmente e’ una grande risorsa per il Paese”: lo ha detto Antonio Balsamo, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta, durante la presentazione del corso di formazione promosso dallo sportello della Legalità della camera di Commercio di Caltanissetta. “Il sequestro deve diventare un’occasione di sviluppo e non di arresto economico del territorio – ha aggiunto – per cui ritengo completa e strategica l’offerta del corso di formazione e del master sui beni confiscati che nascerà a Caltanissetta. Ma va tenuto presente che è necessaria una seria riforma della normativa antimafia che, purtroppo, nonostante le intenzioni, ha creato più problemi che vantaggi nella gestione dei beni confiscati”. Tra le soluzioni da percorrere secondo Balsamo, “un potenziamento dell’agenzia dei beni confiscati per mettere in rete i bisogni del territorio e diversi soggetti, come le organizzazioni degli imprenditori, i sindacati, gli enti territoriali per smentire quel luogo comune odioso che vorrebbe postulare che con la mafia si lavora, e con l’antimafia no”.
“Nel territorio di competenza della direzione investigativa antimafia di Caltanissetta, sono stati sequestrati fino ad ora beni per un valore di oltre 400 milioni di euro”. Lo ha reso noto Gaetano Scillia, capo centro della direzione investigativa antimafia di Caltanissetta. Scillia ha poi fatto il punto sui traguardi raggiunti dalla Dia a livello nazionale: “Nel nostro Paese, dal 1992 ad oggi sono stati sequestrati dalla Dia beni per un valore di oltre 14 miliardi di euro, 8 dei quali derivanti da provvedimenti di confische definitive. Sono stati poi emessi oltre 6000 provvedimenti restrittivi nei confronti di soggetti mafiosi in Italia e all’estero”. Scillia ha poi ricordato le criticità relative alla gestione delle aziende sequestrate: “Dopo la confisca definitiva e’ operativa solo 1 società su 10, quindi 9 aziende o falliscono o cessano la propria attività, e l’amministratore giudiziario si trova di fronte a una serie di difficoltà derivanti dal dover gestire un’azienda che sul mercato ha goduto fino a quel momento di un illecito vantaggio competitivo dovuto a una forza intimidatoria esercitata fino al sequestro; a ciò si aggiungono linee di credito agevolate, canali commerciali condizionati e una gestione fiscale coerente con il sistema criminale a cui l’azienda ha aderito fino al provvedimento di sequestro, è un percorso non facile da gestire”. Tra le soluzioni auspicate dal colonnello Scilllia “l’istituzione di un fondo di garanzia, percorsi di premialita’ fiscale, convenzioni per il conseguimento delle commesse pubbliche, coinvolgimento dei sindacati nella tutela dei lavoratori, e formazione dei manager che dovranno gestire le imprese confiscate, ma tutte queste proposte devono misurarsi con la volontà del legislatore e le complessità di un sistema ancora pieno di difficoltà”.