Si stringe il cerchio attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro. Un nuovo colpo al clan è stato messo a segno grazie alla stretta sinergia tra polizia, carabinieri, finanzieri e Dia: l’imponente operazione nel cuore del territorio di Matteo Messina Denaro ha portato all’arresto di trenta persone, tra cui cinque familiari del boss del trapanese. Le accuse nei confronti degli indagati sono, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, intestazione fittizia di beni ed estorsione.
Le indagini hanno confermato che Messina Denaro esercita ancora il ruolo di capo della cosca trapanese e riveste attualmente una posizione di rilevo anche all’interno di Cosa nostra. Lo ha precisato oggi in conferenza stampa il procuratore aggiunto Maria Teresa Principato che ha coordinato l’inchiesta insieme ai sostituti Paolo Guido e Marzia Sabella.
Le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Palermo, riguardano in particolare le famiglie mafiose di Castelvetrano e Campobello di Mazara. Un “territorio caldo” quello battuto dalle forze dell’ordine dove la mafia ha ancora “una struttura verticistica imbattibile – spiega la Principato – il nome di Messina Denaro viene fuori in merito ad ogni questione decisionale: dalla famiglia, alla divisione del denaro, le aziende, i ruoli”.
Secondo gli inquirenti e gli investigatori, gli indagati esercitavano da anni un controllo capillare e con modalità riconducibili a Cosa Nostra sulle attività economiche ed imprenditoriali della provincia di Trapani, con ingenti interessi nel settore dell’edilizia.
Uno degli arrestati è Giuseppe Marino, figlio di Vito Ivan Marino presidente vicario della Corte d’Appello di Palermo. Secondo l’accusa Marino avrebbe intascato mazzette per favorire una ditta, la “Spe.fra.”, nei lavori di manutenzione e ristrutturazione all’interno del carcere palermitano dell’Ucciardone.Tra gli arrestati anche Anna Patrizia Messina Denaro, sorella del boss, (clicca qui per vedere le foto dell’arresto) con l’accusa di estorsione aggravata dal favoreggiamento alla mafia.
Proprio lei sarebbe stata in contatto con il fratello latitante e avrebbe smistato i suoi ordini. Tramite il marito Vincenzo Panicola, recluso da anni, avrebbe concluso accordi mafiosi in carcere. Tra i parenti del boss, arrestati anche i nipoti Francesco Guttadauro e Mario Matteo e i cugini Giovanni Filardo, Cimarosa Lorenzo e Mario Messina Denaro. Arrestate anche altre sei donne.
Secondo gli inquirenti la sorella Patrizia e il nipote Guttaduro controllavano “un articolato circuito imprenditoriale, che assicurava di fatto il controllo quasi monopolistico nel settore dell’edilizia e relativo indotto”, oltre ad un vasto giro di estorsioni.
Terra bruciata quindi attorno al boss: da un lato si tagliano i canali di comunicazione, con l’arresto della sorella, dall’altro con i continui sequestri, che hanno tagliato i fondi alla sua latitanza che diventa ogni giorno più onerosa.
In particolare si tratta delle confische “che fanno riferimento a personaggi legati al latitante operate tra il 2011 e il 2013”, ha sottolineato ancora la Principato, per un “totale di circa due miliardi”. Tra gli ultimi in ordine di tempo il sequestro di 50 milioni di beni alla famiglia Niceta
Gli inquirenti hanno poi contestato il reato di scambio elettorale politico-mafioso a Aldo Roberto Licata, candidato alle ultime elezioni con la lista Grande Sud-Mpa, ma mai eletto. “È stato possibile – ha detto Raffaele Grassi, direttore dello Sco il servizio centrale operativo della polizia –, documentare il ruolo di vertice operativo assunto da Francesco Guttadauro, figlio di Filippo e Rosalia Messina Denaro anche per il sostentamento della famiglia dei Messina Denaro e del latitante. Più volte, come emerge dalle intercettazioni, Guttadauro è intervenuto per dirimere contrasti interni alla famiglia relativi alla spartizione dei guadagni provenienti e società controllate dagli imprenditori mafiosi Antonino Lo Sciuto e Lorenzo Cimarosa”.
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