Ancora un paio di tappe sulle Madonie (ahimè ce ne vorrebbero almeno altre 10) prima di spostarci verso la provincia di Agrigento.
Ciascuno di noi ha un rifugio dove ripararsi dalle nevrosi, dallo stress, dal traffico e dalla maleducazione a cui la vita di città ci sottopone quotidianamente. Il mio rifugio sono le Alte Madonie.
Da Polizzi Generosa a Geraci Siculo, dal Monte Cervi a Pizzo Catarineci: questi sono gli spazi dove ritrovo serenità e buon umore. Li raggiungo facilmente dal bivio Tremonzelli (autostrada PA-CT). Dopo poco più di dieci Km (SS 120) trovo il bivio per Polizzi la “Generosa”, appellativo conferitole da Federico II di Svevia nel 1234 per lʼaccoglienza sempre dimostrata nei confronti degli esponenti delle dinastie regnanti.
Fu proprio nel periodo normanno-svevo che la cittadina ebbe il suo massimo splendore divenendo già ai tempi di Ruggero I città demaniale, titolo che conservò e difese nei secoli successivi. Una delle testimonianze significative di quel periodo è la Chiesa della Commenda del XI secolo ai margini dellʼabitato.
Il centro storico merita una passeggiata soprattutto per ammirare le splendide Chiese, in particolare quella di San Girolamo del XVII secolo col suo ricco portale tardo-barocco, e la Chiesa Madre, il più importante tra i numerosi edifici religiosi di Polizzi. Le prime tracce della sua costruzione risalgono al XI secolo, ma la Chiesa, dedicata alla Vergine Assunta, fu ricostruita e ampliata a più riprese a partire dal 1630, fino al 1877 anno della definizione dellʼattuale prospetto. Sotto il portico situato sul fianco destro il bellissimo portale gotico-chiaramontano. Lʼinterno della Chiesa è ricchissimo di opere dʼarte tra le quali spicca il trittico fiammingo del 400 di Van Der Weyden, famoso in tutto il mondo.
Tra le antiche opere pittoriche anche una tela di Croce Taravella, artista contemporaneo che ha donato una riproduzione dellʼurna di San Gandolfo, segno della vivacità culturale che Polizzi ha continuato a mantenere nei secoli. Non è un caso che abbia dato i natali a personaggi quali lo scrittore Giuseppe Antonio Borgese, lo stilista Domenico Dolce (Dolce & Gabbana), lʼattore Vincent Schiavelli. Perfino il regista Martin Scorzese ha origini polizzane (i nonni).
Nel centro storico ancora due particolari: la facciata di palazzo Carpinello con le due meridiane poste sul balcone centrale del piano nobile e il particolare bugnato di palazzo Gagliardo. Una curiosità. Nel 1901 Polizzi Generosa fu il primo comune della Sicilia ad avere lʼenergia elettrica.
Una delle tappe obbligate quando vado a Polizzi è il laboratorio di ceramiche di Giovanni DʼAngelo, dove disegni classici e ardito design sono accomunati dal sapiente uso dei colori. Lì è possibile seguire le varie fasi di lavorazione, dalla modellazione dellʼargilla alla pittura a mano. Certo queste ceramiche sono meno famose di quelle di Santo Stefano di Camastra o di quelle di Burgio, ma non per questo sono meno belle.
Anche la tradizione gastronomica di Polizzi merita una citazione. Polizzi Generosa è infatti la patria dello “sfoglio” (una torta ripiena di formaggio con cannella, cioccolato e zucchero), la cui ricetta è stata rimodulata dai maestri pasticceri del comprensorio delle Alte Madonie (famoso quello del bar Aspromonte di Petralia Soprana). Unʼaltro prodotto tipico della zona di Polizzi è il “fasolo badda” ormai da alcuni anni diventato presidio Slow Food. Si tratta di un fagiolo bicolore tondeggiante di grandezza medio-piccola esistente in due varietà: “badda bianca” dai colori avorio e arancio, e “badda niura” o “munachedda” (avorio e viola scuro). Coltivati nei piccoli orti familiari, questi due ecotipi locali nel tempo si sono acclimatati benissimo ed è possibile trovarli quasi esclusivamente a Polizzi.
Il “fasolo badda” si cucina sia fresco con pomodoro e basilico per un buon piatto estivo di pasta asciutta, ovvero secco per una zuppa invernale con finocchietto selvatico e cotenne di maiale. Da Polizzi parte in direzione nord-ovest la strada che, attraversata portella Colla, porta a Piano Battaglia stazione sciistica della Sicilia occidentale. Poco prima della portella, lʼanfiteatro naturale della Quacella mi obbliga a una sosta per ammirare lo scenario sempre diverso a seconda delle stagioni, ma sempre affascinante: a destra il complesso montuoso, a sinistra Polizzi e la valle, e poi un susseguirsi di cocuzzoli fino al golfo di Palermo.
Il tramonto alla Quacella è magico, sopratutto in inverno quando le montagne si tingono di rosso e contrastano con il paesaggio imbiancato dalla neve. Talvolta la brezza marina spinge verso le montagne bassi cumuli di nubi cariche di umidità che lasciano emergere lʼabitato, come se galleggiasse. I polizzani chiamano questo fenomeno “maretta”.
A pochi chilometri da Polizzi in direzione sud-est troviamo Castellana Sicula, centro agricolo fondato nel XVIII secolo, meno ricco dal punto di vista storico-artistico degli altri comuni del comprensorio, ma comunque tappa obbligata almeno per tre buone ragioni: la passeggiata al Santuario di Madonna dellʼAlto, la visita allo studio dellʼartista Croce Taravella e la sosta con degustazione presso la pasticceria Dolcezze delle Madonie di Maurizio Di Ganci. Il Santuario di Madonna dellʼAlto (mt. 1812) si raggiunge passando per le frazioni di Calcarelli, Catalani e Nociazzi. È il più alto luogo di culto mariano dʼEuropa. Da lì panorami strepitosi, anche se talvolta capita di trovarsi più in alto delle nuvole. La visita allo studio di Croce Taravella è per me un punto fermo sopratutto quando lʼartista è in Sicilia (Croce vive tra Roma e Castellana), non soltanto per vedere le ultime sue creazioni, ma anche per osservarlo allʼopera: affascinante! È piacevole durante le pause di lavoro scambiare con lui quattro chiacchiere magari davanti a una birra ghiacciata dʼestate o a un bicchiere di vino rosso dʼinverno.
Lʼaltra tappa obbligata è la visita a Maurizio Di Ganci, anche lui a Calcarelli. La sua cassata con ricotta e pistacchi (strepitosa), i croccantini di mandorle e gli amaretti sono ormai da tanti anni per me la vera medicina contro la depressione. Maurizio fa il modesto e attribuisce il merito di tanta bontà alle materie prime che lui stesso sceglie. La scorsa domenica mi ha invitato a visitare lʼazienda che gli fornisce la ricotta: il caseificio Barreca tra Geraci Siculo e Gangi. Per me una nuova scoperta. Nonostante il cielo plumbeo alternato a zone di nebbia non mi incoraggiasse, ho accettato lʼinvito certo che non me ne sarei pentito. E così è stato. Appena arrivati la dottoressa Barreca, padrona di casa, dapprima ci ha mostrato orgogliosamente le sue mucche, quindi ci ha consentito di assistere da una certa distanza alle fasi di lavorazione dei formaggi. Quattro persone in camice bianco con pantaloni e stivali bianchi operavano in ambienti quasi asettici. Due si muovevano intorno ad un enorme pentolone da dove da li a poco sarebbe emersa la ricotta. Altri due invece modellavano con mani sapienti i caciocavalli. Ci siamo, la ricotta è pronta!
E qui il colpo da maestro di Maurizio: da un sacchetto ha tirato fuori scodelle, cucchiai e pane raffermo per una tanto inaspettata (per me) quanto goduriosa mangiata di ricotta calda col siero! Ancora una volta questo splendido e generoso territorio mi stava regalando una giornata spensierata, in amicizia e, tanto per cambiare unʼaltra bella mangiata!