Cala il credito alle imprese, crescono i fallimenti, aumenta la liquidità della criminalità organizzata: secondo le stime di Transcrime, i ricavi di traffico di droga, prostituzione, contraffazione, armi, gioco d’azzardo, rifiuti, usura ed estorsioni sono valutabili tra 614 milioni e 1,1 miliardi di euro. Sono alcuni dei dati relativi al Lazio contenuti in un dossier curato dagli studenti della Luiss e presentato stamane dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, dal vicepresidente di Confindustria per l’Education Ivan Lo Bello, dal direttore generale di Confindustria Marcella Panucci e dall’ex ministro della Giustizia Paola Severino.
Il rapporto “Il Pil delle mafie. Il nuovo ordine criminale del Lazio e la guerra silenziosa del 416bis” è curato dall’Osservatorio dell’ateneo, che presenta rapporti periodici sulle specifiche realtà territoriali delle regioni italiane, mettendo a fuoco le zone ibride e di contatto tra legalità e illegalità. L’obiettivo del Rapporto 2013 è tenere alto il livello di attenzione sul territorio del Lazio, illustrando come la criminalità organizzata si sia infiltrata e abbia messo radici in zone come Ostia e nella provincia di Latina, dove spicca il caso di Fondi.
“Per dare una sensazione della realtà delle cose – ha premesso il procuratore Pignatone – fermo restando che a Roma ci sono molte altre emergenze oltre alla mafia, c’è però anche il problema mafia che va affrontato con la legge, col 416bis e con le confische dei beni”.
“La presenza mafiosa non riguarda solo il sud del paese – ha spiegato il vice presidente di Confindustria Lo Bello -, il rapporto fa emergere la presenza mafiosa in tutte le regioni. Nel nord c’è la presenza della ‘ndrangheta per il traffico di droga, nel Lazio la presenza mafiosa è capillare ad Ostia, Fondi, Latina. Le mafie si concentrano nelle zone dove c’è maggiore ricchezza”.
“La crisi economica rende più fragili le imprese e le singole persone. L’usura è un tema forte, gestito da organizzazioni criminali, ed è forte in questa città e anche in altre parti del paese. Ma il tema centrale della mafia prescinde anche dalla crisi, è un modello negativo che opera la gestione del territorio”, ha detto il vicepresidente di Confindustria Ivan Lo Bello.
“Fortunatamente abbiamo magistrati e forze dell’ordine che conoscono il fenomeno – ha aggiunto Lo Bello – resta però il ruolo della società, perché la mafia la si combatte con la repressione giudiziaria, ma anche con la consapevolezza della società come abbiamo fatto noi in Sicilia (come Confindustria, ndr), mandando a casa tanti nostri colleghi che colludevano con la mafia o che non hanno rinunciato a pagare il pizzo. Abbiamo costruito meccanismo di sanzione sociale che può allontanare le mafie”.