Per la prima volta il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, usa parole chiare. “Ho dato disposizione alla ragioneria di ridurmi lo stipendio a partire dal 2014, in applicazione di quanto previsto dal decreto Monti”. E, per dimostrare di non voler aspettare i tempi dei deputati, ha scritto all’Assemblea regionale siciliana.
Sarà falso, sarà vero? Questo è un altro tipo di quesito, chi vivrà vedrà. Non si offenda nessuno se rimane qualche dubbio: questa storia del taglio dello stipendio (che tra l’altro appare assolutamente demagogica) tiene banco dal 2012, da quando cioè Crocetta fu eletto presidente della Regione e fantasticava di tagli alle spese della politica regionale che in pochi hanno visto e comunque in misura ridottissima rispetto a quanto annunciato.
Questo taglio, oltretutto, conserva quel sapore di populismo mediatico nel quale Crocetta in passato ha dimostrato di essere campione ma che ora comincia a ritorcersi contro di lui. L’ultima apparizione di Crocetta sul “nazionale” è proprio di ieri, da Lilli Gruber a La7: lo stipendio di Crocetta è stato al centro della puntata di Otto e mezzo e il Governatore, con una serie di complesse operazioni linguistiche, è riuscito a fare ancora più confusione dando l’impressione di arrampicarsi sugli specchi.
Ora arriva un’affermazione chiara, rilasciata all’Ansa. “Ho aspettato – precisa Crocetta – che fosse il parlamento regionale ad applicare la legge. Non lo ha fatto. Per quanto mi riguarda ho deciso di fare in questo modo, nella speranza che sia un esempio. Basta dire che la Sicilia è la Regione degli sprechi”.
Come dire, dopo un anno di tira e molla stavolta lo stipendio lo taglio davvero.
Infine, una considerazione controcorrente. Il vero problema non è quanto guadagna il Governatore (per la difficoltà dell’incarico e per i rischi connessi un “posto di lavoro” del genere andrebbe strapagato) ma se il rendimento è all’altezza dello stipendio, qualunque esso sia. E questo – in politica – saranno gli elettori a dirlo.