Pronto il maxi emendamento del Governo interamente sostitutivo della legge di Stabilità. L’esecutivo, dopo le numerose polemiche sorte da tutte le parti politiche, compresa la propria maggioranza, ha deciso di porre la fiducia. Lo ha annunciato in Aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, spiegando che il testo recepisce il lavoro della commissione Bilancio.
“La questione di fiducia sull’atto più importante che il governo fa sia occasione di verifica del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento”, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, intervenendo in Aula al Senato.
Tra le novità apportate dal maxi emendamento, la cancellazione delle norme sulle spiagge, che prevedevano la delega regolamentare per rivedere le concessioni demaniali marittime. Salta anche la sanatoria sulle pendenze giudiziarie in essere al 30 settembre sui canoni. Inoltre, le cartelle esattoriali di Equitalia potranno essere pagate senza interessi. Sugli stadi entra nel maxiemendamento alla legge di Stabilità solo la versione ‘light’ della norma che prevede l’aumento del fondo di garanzia presso l’istituto di credito sportivo per l’ammodernamento degli impianti sportivi già esistenti e non per la costruzione ex novo. Salta quindi anche la possibilità prevista, in prima battuta, di edificare in aree non contigue agli stadi.
“Il lavoro svolto – ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanni Legnini – ha consentito di apportare modifiche rilevanti al testo originario e miglioramenti significativi. Un nuovo corposo sistema di garanzie pubbliche per l’accesso al credito delle Pmi, la concentrazione della riduzione delle imposte sul lavoro per i redditi sotto i 32 mila euro, l’aumento del fondo per la non autosufficienza, il ripristino delle risorse per l’autotrasporto, la costituzione di un fondo di contrasto alla povertà finanziato con il prelievo sulle pensioni d’oro, interventi per le calamità naturali finanziati in parte con i fondi tagliati ai partiti, l’eliminazione degli interessi di mora sulle cartelle Equitalia arretrate, la riscrittura delle norme sulla fiscalità locale immobiliare che consentirà di esentare o pagare meno sulla prima casa e aumentare le detrazioni per gli immobili produttivi”.
La seduta a Palazzo Madama intanto è slittata di almeno un paio d’ore proprio in attesa del testo del maxi emendamento, il numero 1900, risultato di un vertice ad alta tensione proprio tra Governo e maggioranza. Fonti parlamentari riferiscono che, anche se la riunione si è svolta a porte chiuse, più volte le urla dei partecipanti si sarebbero sentite dall’esterno. Al vertice hanno partecipato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, il titolare dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, il viceministro all’Economia, Stefano Fassina, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanni Legnini, il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, il presidente della commissione Bilancio, Antonio Azzolini, il senatore Ncd Renato Schifani, i relatori della legge di Stabilità, Antonio D’Alì (Ncd) e Giorgio Santini (Pd).
Forte protesta dalla nuova Forza Italia di Silvio Berlusconi, di cui ormai è certo il passaggio all’opposizione dopo la scissione con il Nuovo centrodestra del vicepremier Angelino Alfano. “Questo testo è irricevibile”, ha attaccato il capogruppo al Senato Paolo Romani. Inizialmente, il Cavaliere, riunito con i gruppi parlamentari, aveva detto che, “per senso di responsabilità”, avrebbe atteso di leggere il maxi emendamento prima di decidere se votare a favore o contro. “Se resterà pieno di tasse, non ci penseremo due volte a passare all’opposizione”, aveva annunciato Renato Brunetta, capogruppo alla Camera dei deputati. Ma, visto il testo, non ci sono stati più dubbi sul posizionamento dei parlamentari che fanno capo a Silvio Berlusconi e Romani ha annunciato con una telefonata la decisione al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano.
“Non ci sono più le condizioni per proseguire nella collaborazione con questo governo – ha proseguito Romani. – Ci siamo sentiti emarginati, buttati fuori dalla maggioranza, ma abbiamo continuato a inseguire il governo nella ricerca di un confronto”. “Abbiamo un grande rammarico, sulla politica economica siamo di fronte a un totale fallimento – ha continuato Brunetta. – Questa legge di stabilità è sbagliata, costruita male e discussa peggio, anche in ragione della mancanza di confronto che il governo ha dimostrato nei confronti della parte più rilevante della sua maggioranza insieme con il Partito Democratico. Per quanto riguarda le larghe intese sono finite”.
La tenuta dell’esecutivo al Senato è adesso appesa al voto di 7 senatori: usciti i 66 senatori di Fi, la maggioranza si ‘assottiglia’ a 168 senatori, con soli 7 voti sopra il tetto minimo della maggioranza assoluta, che è di 161 (sono 30 i senatori di Ncd dopo la scissione del Pdl).
“La legge di stabilità? Una scusa che non regge”, attacca Alfano in una nota dopo la decisione di Forza Italia di abbandonare le larghe intese. “La legge di stabilità, che comunque non aumenta le tasse ed è ancora migliorabile alla Camera – sottolinea il vicepremier – è diventata un pretesto che non regge di fronte alla difficoltà di un Paese che ha bisogno di buon governo e non del buio di una crisi senza sbocco e senza prospettive. Noi, dunque, continueremo a lavorare per l’Italia. Sapevamo comunque che sarebbe finita così e adesso siamo alla cronaca di un esito ampiamente annunciato. Avevamo detto e ripetiamo che è sbagliato sabotare il governo e portare il Paese al voto, per di più con questa legge elettorale, a seguito della decadenza del presidente Berlusconi. Decadenza che comunque consideriamo del tutto ingiusta”.