“Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come sarei ben lieto di potere fare se davvero ne avessi da riferire”. È un passaggio della lettera inviata dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla Corte d’Assise di Palermo che celebra il processo sulla trattativa Stato-mafia.
Napolitano esclude di aver avuto indicazioni dal suo ex consigliere giuridico, Loris D’Ambrosio, anche sul ‘vivo timore’ a cui questi “ha fatto – scrive il presidente della Repubblica – il generico riferimento nella drammatica lettera del 18 giugno”. Proprio sulla missiva ricevuta da D’Ambrosio, finito nelle polemiche per alcune sue conversazioni intercettate con l’ex ministro Nicola Mancino, è stato chiamato a deporre il capo dello Stato.
“Né io avevo modo e motivo, neppure riservatamente- precisa Napolitano – di interrogarlo su quel passaggio della sua lettera. Ne’ mai, data la natura dell’ufficio ricoperto dal dottor D’Ambrosio durante il mio mandato, come anche durante il mandato del presidente Ciampi, ebbi occasione di intrattenermi con lui su vicende del passato, relative ad anni nei quali non lo conoscevo ed esercitavo funzioni pubbliche del tutto estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafie”.
“L’essenziale – continua il capo dello Stato – è il non avere io in alcun modo ricevuto dal dottor D’Ambrosio qualsiasi ragguaglio o specificazione circa le ‘ipotesi’, solo ‘ipotesi’ da lui enucleate”. Lo scrive alla Corte d’Assise di Palermo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, citato a deporre al processo sulla trattativa Stato-mafia. Napolitano esclude di aver avuto indicazioni dal suo ex consigliere giuridico, Loris D’Ambrosio, anche sul ‘vivo timore’ a cui questi “ha fatto – scrive il presidente della Repubblica – il generico riferimento nella drammatica lettera del 18 giugno”. Proprio sulla missiva ricevuta da D’Ambrosio, finito nelle polemiche per alcune sue conversazioni intercettate con l’ex ministro Nicola Mancino, è stato chiamato a deporre il capo dello Stato. “Ne’ io avevo modo e motivo, neppure riservatamente- precisa Napolitano – di interrogarlo su quel passaggio della sua lettera. Ne’ mai, data la natura dell’ufficio ricoperto dal dottor D’Ambrosio durante il mio mandato, come anche durante il mandato del presidente Ciampi, ebbi occasione di intrattenermi con lui su vicende del passato, relative ad anni nei quali non lo conoscevo ed esercitavo funzioni pubbliche del tutto estranee a qualsiasi responsabilità di elaborazione e gestione di normative antimafie”.