Era il 1993 e il Paese entrava a pieno titolo tra le nazioni che “privatizzano”. Sono passati ormai vent’anni e un nuovo piano di privatizzazioni è in arrivo. Il piano punto ad incassare tra i 10 e i 12 miliardi nel 2014 attraverso la vendita di quote di otto società pubbliche. Il denaro che verrà incassato dallo Stato a seguito di queste cessioni verrà impiegato su due fronti. Il primo fronte, su cui verrà reinvestito il 50 per cento del ricavato totale delle dismissioni, sarà quello della riduzione del debito pubblico. Mentre il secondo fronte su cui verranno investiti i restanti 5-6 miliardi per tagliare il deficit, una manovra questa che servirà, almeno nelle previsioni del governo, a rispondere alla commissione europea che ha bocciato la legge di Stabilità. Un obiettivo da raggiungere in tempi brevi, riottenere i margini di flessibilità sulla spesa per investimenti nel 2014, margini che sarebbero, almeno in teoria, già rientrati grazie al rientro dalla procedura di deficit eccessivo, ma che la commissione europea trova difficoltà ad autorizzare in mancanza di misure più che convincenti per ridurre il deficit e il Pil.
“Sulle privatizzazioni, nella quale è stata affrontata – si legge in una nota del governo – l’opportunità di mettere in vendita quote di società pubbliche senza andare a toccare la quota di controllo delle stesse. Unica eccezione – viene precisato – riguarda il Gruppo Sace (assicurazione del credito, protezione degli investimenti, cauzioni e garanzie finanziarie) dato che non esistono in Europa gruppi assicurativi di crediti alle imprese che siano prevalentemente pubblici». Non saranno quindi, escluso appunto il caso del Gruppo Sace, cessioni di quote non controllo delle società messe in campo nel piano.
Sono otto le società interessate dal piano del governo Letta: la Fincantieri possieduta al 99,3 per cento da Fintecna, Cassa depositi e prestiti, la holding italo-francese partecipata al 50 per cento dal Tesoro e che controlla il leader nella produzione di semiconduttori StmMicroelectronics,Stm. Interessate anche il gigante del petrolio Eni partecipato al 30 per cento dal Tesoro e dalla Cassa depositi e prestiti, la Cdp Reti, veicolo di investimento di proprietà al 100 per cento dalla Cassa depositi e prestiti e che ha acquisito nel 2012 il 30 per cento di Snam da Eni. Anche la Tag, partecipata all’89 per cento dalla Cdp ed Enav, società per il controllo dello spazio aereo posseduta al 100 per cento dal Tesoro e il gruppo per le assicurazioni dell’export Sace rientrano nel piano governativo di privatizzazioni. E in ultimo, l’ottava società interassata sarà Grandi stazioni, posseduta al 60 per cento dalle Ferrovie dello Stato.
Il ministro Saccomanni però ha precisato che le privatizzazioni non saranno tutti uguali e sopratutto non riguarderanno una totale privatizzazione di tutte le aziende. Andranno sul mercato, infatti, il 60 per cento di Grandi stazioni, che diventerà così totalmente privata, e Sace. La società di controllo dello spazio aereo Enav vedrà messo sul mercato il suo 40 per cento, la stessa quota per Fincantieri, mentre sarà immesso nel mercato il 50 per cento di Cdp Reti. Il ministero dell’Economia precisa in una nota che sarà sì ceduta una quota di circa il 3 per cento di Eni ma verrà mantenuto in ogni caso “una partecipazione pubblica complessiva al capitale di Eni superiore alla soglia Opa del 30%”. Non esiste quindi nessuno interesse del governo a perdere quote di controllo sul colosso di petrolio e gas. Ma non su tutte le aziende sono state prese delle decisioni chiare in merito alla quota da immettere sul mercato. Non esiste, infatti ancora un piano per Stm e Tag, mentre le prime operazioni dovrebbero partire all’inizio del 2014.