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La rinascita di Berlusconi, Alfano | e quel ritorno al 1994

di Gabriele Ruggieri

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La rinascita di Berlusconi, Alfano | e quel ritorno al 1994

| domenica 17 Novembre 2013 - 07:43

E Angelino Alfano finì come Fini. Non dice – quasi – mai nulla a caso Silvio Berlusconi. Ma, con tutta probabilità, il messaggio sotteso era un altro. Alfano, infatti farà il Fini, ma non il condottiero senza più trono e truppe che conosciamo ora, ma il capo di un partito diverso da Forza Italia, che resta pur sempre il numero due del Cavaliere.

Grazie alla rivoluzione di novembre, culminata con la scissione sancita definitivamente nella giornata di ieri, nascono infatti due partiti. Due anime dello stesso centrodestra: la prima, Forza Italia, pronta a catalizzare i voti dei fedelissimi del Cav, i berlusconiani di ferro; la seconda, guidata da Alfano, sufficientemente distante da destare attrazione in tutti quegli indecisi tendenzialmente di centrodestra, che magari hanno disperso il loro voto perché intimoriti, o magari stanchi, del vecchio leader, o più semplicemente delusi. Insomma, l’obiettivo resta sempre lo stesso: riportare alle urne i più scontenti e riprendersi i consensi persi per la via, “grattandoli” magari al Movimento 5 stelle.

Altro dettaglio non da poco, la creazione di una forza moderata di centrodestra, infarcita di uomini forti del Pdl, lontana, almeno sulla carta, da Berlusconi, potrebbe riuscire nella proficua impresa di avvicinare a sé il cugino prodigo, quell’Udc che fu saggio alleato nel ’94 e che sta vivendo giorni di fratture e collisioni intestine all’interno di Scelta Civica, tanto da annullare il congresso, previsto per fine novembre. Non è ad esempio mistero che i rapporti tra D’Alia e Alfano siano sempre stati piuttosto buoni dentro e fuori il governo.

I discorsi da spendere saranno ancora tanti, ma i toni bassissimi di Berlusconi, mai così bassi nei confronti di un “traditore”, l’amarcord di ieri di Angelino nei confronti del suo padre politico e persino gli attacchi incredibilmente blandi della stampa tendenzialmente vicina al centrodestra, con Sallusti che addirittura fa notare come sia “meglio un chiaro tradimento che una mezza fedeltà”, fanno pensare al primo passo di una macchina da guerra pronta a macinar seggi in Parlamento. D’altra parte i due leader sono stati chiari nelle rispettive oratorie: faranno calizione insieme.

E la Lega? Il Carroccio si appresta a una combattuta stagione congressuale che porterà scintille tra Bossi e Salvini. Alla fine ne resterà soltanto uno e se quello, come probabile, sarà l’immortale Senatur, ecco, il piatto 1994 è servito.

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