Da sei anni vive sotto scorta in quanto oggetto di ripetute minacce da parte di organizzazioni criminali che lo vedono come fumo negli occhi. La sua colpa? Quella di fare al meglio il suo lavoro e di portare avanti una ricerca della verità che non si ferma di fronte a niente e a nessuno. Stiamo parlando di Lirio Abbate, giornalista de L’Espresso, che sarebbe entrato di nuovo nel mirino della criminalità organizzata, stavolta della Capitale, e che opera in ambienti vicini alla camorra e al clan dei casalesi.
Secondo le dichiarazioni di un anonimo, riprese ieri dal Fatto Quotidiano, “Abbate deve stare attento a Riccardino l’albanese, uno dal quale dipende gente che spara”. Il quotidiano spiega anche che “la segnalazione risale all’estate scorsa ma emerge solo ora perché Riccardino, all’anagrafe Arben Zogu, 40 anni, il 29 ottobre è stato arrestato insieme a Mario Iovine e ad altre 12 persone legate al clan dei casalesi”. Arresti legati a un inchiesta condotta dalla Dda di Napoli con il Gico della guardia di finanza di Roma e relativa a un sodalizio tra criminalità campana e albanese per il controllo delle slot machine ad Acila e Ostia. Nate in questo ambiente, le minacce contro Abbate sono da collegarsi all’inchiesta giornalistica da lui firmata e pubblicata su L’Espresso nel dicembre 2012 dal titolo “I quattro re di Roma”, con “una mappa aggiornata – ricorda sempre Il Fatto – con nomi, cognomi e sfere di influenza sul crimine romano, puntando il faro su personaggi pesanti ma a piede libero”.
Solidarietà al giornalista è arrivata da ambienti legati al giornalismo, alla politica e all’economia nazionali. L’ordine dei giornalisti siciliano è “solidale con il collega, certi che non cambierà di una virgola la sua attività professionale e il suo modo di lavorare, impegnandosi sempre più nella consapevolezza che i colleghi siciliani sono sempre accanto a lui”. All’odg di Sicilia si unisce l’Associazione stampa romana che esprime “vicinanza al collega de L’Espresso oggetto di minacce di morte da parte della criminalità romana a causa delle sue inchieste sulla penetrazione delle mafie nella Capitale. Lirio non va lasciato solo – commenta il segretario dell’Asr, Paolo Butturini -, perché l’isolamento è l’anticamera dell’eliminazione fisica come la storia ha più volte dimostrato. E bisogna sostenere con i fatti la battaglia per una libera informazione e per il diritto dei cittadini a essere correttamente informati”.
Anche Confindustria Sicilia, tramite i componenti del comitato direttivo, esprime solidarietà ad Abbate: “Siamo certi che Lirio continuerà con la solita professionalità e determinazione la sua attività senza lasciarsi intimidire. Evidentemente, chi lavora in modo accurato e coraggioso rischia di dare fastidio ai veri poteri forti”.
Abbate è stato raggiunto telefonicamente anche dal presidente del Senato, Piero Grasso, che ha voluto far sentire la vicinanza sua e delle istituzioni. ”Conosco e stimo Lirio Abbate – ha detto il presidente Grasso – da quando era un giovane cronista dell’Ansa di Palermo. Già allora Leoluca Bagarella lo minacciò di morte e venne sventato un attentato davanti la sua casa di Palermo. Altre minacce, che lo costringono a una vita sotto tutela, sono arrivate nel 2007 dopo la pubblicazione del libro “I complici”, scritto con Peter Gomez. Oggi si scopre che nuove e pesanti minacce lo colpiscono per aver raccontato la mappa aggiornata del potere criminale di Roma. A Lirio che è un giornalista coraggioso e sono certo che non si farà intimidire ho espresso tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà”.