Un giro di vite che colpirà tutti, dai piloti ai manager. Per cercare di trattare con Air France o con altri possibili alleati esteri, prende piede il piano “stand alone” , in arrivo nei prossimi giorni. L’ad di Alitalia Gabriele Del Torchio lo sta redigendo con il contributo degli esperti di Boston Consulting. Dovrebbe essere discusso e approvato prima dell’aumento di capitale, cioè del 16 novembre. Un modo per aprire la strada così ai contributi di Poste e dell’alleato estero.
I tagli, secondo quanto riporta “Il Messaggero”, dovrebbero oscillare dai 1.000 ai 2.500 esuberi. Probabile anche il blocco di almeno 2.000-2.500 contratti a termine. Cifre al momento puramente indicative che saranno oggetto di discussione con i sindacati e con il governo. Tra le priorità ci sarebbe anche la riorganizzazione delle rotte, in particolare di quelle intercontinentali e internazionali.
La partita Poste-Alitalia è complessa. Le mosse sulla scacchiera cambiano continuamente scenari e possibili finali. La discesa in campo di Poste con 75 milioni nell’affare della compagnia aerea italiana ha fatto scoppiare subito accese polemiche. British Airways è stata la prima a gridare allo scandalo “aiuti di Stato” puntando così i riflettori dell’Ue sull’Italia che adesso rischia una multa salata. Ha rincarato poi la dose il Ceo di Lufthansa, Christoph Franz, ricordando la politica dell’Ue in materia di sussidi: “Ci sono modalità legali per aiutare le compagnie aeree in difficoltà, ha detto, ma “ci sono limiti riguardo ai ripetuti aiuti di Stato”.
Il piano di salvataggio prevedeva una ricapitalizzazione da 300 milioni di euro, 150 dei quali dovevano arrivare dai soci. L’impegno di Poste sembrerebbe limitato ai famosi 75 milioni. Il resto dei soldi doveva arrivare da garanzie pubbliche e per la restante parte dai soci italiani di Cai. Le banche, infine, dovevano garantire finanziamenti per altri 200 milioni.
Il gigante finanziario Poste era forse l’ultima freccia all’arco di Palazzo Chigi, che nella vicenda si è ritagliato un ruolo di tramite. Anche considerando le perdite degli ultimi anni, l’investimento in Alitalia diventa un rischio sostenibile per il colosso guidato da Massimo Sarmi: un’azienda con 24 miliardi di ricavi e un miliardo di utile netto.
Ma la vera domanda è perché tuffarsi in un affare che ha più ombre che luci? La compagnia aerea italiana ha perso negli ultimi quattro anni e mezzo quasi tutto il capitale investito dai “capitani coraggiosi” e dal vettore francese.
Intanto Air France, primo azionista della compagnia italiana, preso atto della ricapitalizzazione, ha svalutato a zero la propria quota del 25 per cento. Una decisione che può mettere in discussione Poste Italiane. Se infatti il valore dell’azienda è prossimo a zero, l’intervento nella ricapitalizzazione da parte di Poste Italiane non potrà pagare somme di grandi entità ai soci italiani che vogliono uscire dall’investimento. Se dovesse farlo, questo si tramuterebbe in un aiuto di Stato. Nell’arco della stessa giornata è arrivato l’addio del presidente di Alitalia, Roberto Colaninno.
L’ad di Air France Alexandre De Juniac ha chiarito che “serve un piano di ristrutturazione molto forte”. “O le nostre condizioni vengono rispettate – ha tuonato l’ad – e ci sarà un rafforzamento della partnership con Alitalia o la risposta di Air France sarà negativa”. Ma il passo successivo è chiaro per il ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi, che ha precisato che nel caso di mancata ricapitalizzazione “è evidente che un partner internazionale forte vada trovato”. Circolano indiscrezioni in merito al fatto che una delegazione di Alitalia sarebbe sul punto di volare a Mosca, per colloqui esplorativi con Aeroflot.