Una vera e propria rivoluzione culturale. È questo che secondo il guardasigilli Annamaria Cancellieri serve per migliorare il sistema penitenziario italiano. “Voglio che questo sia il paese di Beccaria”, ha detto.
“Non è più soltanto un problema di sovraffollamento delle carceri – ha detto il ministro della Giustizia a Chianciano, partecipando al congresso dei Radicali italiani – il problema è più ampio, diverso, e coinvolge non soltanto le condizioni dei detenuti nelle carceri, ma anche il modo in cui si trovano a lavorare gli agenti della polizia penitenziaria e i magistrati di sorveglianza”.
“Per sei mesi – ha proseguito Cancellieri – ho ascoltato, mi sono documentata su un tema che, lo confesso, non padroneggiavo; ho affrontato un viaggio lungo tutta l’Italia per visitare le carceri. E ho capito che non possiamo pensare soltanto al sovraffollamento degli istituti penitenziari, ma dobbiamo cambiare il nostro approccio, essere più sensibili, rivoluzionare il sistema dalle fondamenta. Adesso sono pronta ad andare a Strasburgo”.
A breve infatti il ministro italiano per la Giustizia sarà ascoltato alla Corte europea per i diritti dell’Uomo che con la sentenza Torreggiani di gennaio ha giudicato le condizioni dei detenuti italiani “una violazione agli standard minimi di vivibilità”. “Questa sentenza non è da vivere esclusivamente come una condanna, ma piuttosto come un’opportunità – ha detto Annamaria Cancellieri -. L’Italia è un paese civile che non vuole venire meno alla propria tradizione di civiltà”.
Il ministro ha anche dato merito al Governo Letta che sul tema ha voluto agire tempestivamente, approvando un decreto legge con cui si depenalizzano i reati minori, “così da ridurre i flussi di ingresso alle carceri”, e si semplificano gli accessi alle misure alternative alla detenzione. “Tappe fondamentali di una rivoluzione che è iniziata e che non può e non deve arrestarsi”, ha concluso il ministro, forse pensando allo scandalo Ligresti che l’ha investita.