Dopo oltre dieci anni cessa a Palermo l’attività del Laboratorio Zeta, il centro sociale di via Boito che ha ospitato più di 600 persone, rifugiati politici provenienti da ogni parte del mondo, “facendo un lavoro di supplenza al totale vuoto istituzionale – spiega una nota – che ha guidato Palermo per tutti gli Anni Zero, ovviamente senza ricevere un soldo di contributi pubblici e basando tutto sull’impegno gratuito di centinaia di persone. La ragione di questa decisione consiste principalmente nell’impossibilità di continuare a coniugare le attività del centro sociale con l’accoglienza dei rifugiati e quindi con la dimensione abitativa”.Lo spazio viene lasciato ai profughi sudanesi che lo abitano, “declinando – sottolinea la nota – ogni responsabilità su ciò che da ora in poi avverrà in quello stabile”.
“Avremmo sperato in nuove pratiche dell’accoglienza – si legge ancora nel comunicato che annuncia la chiusura – e nuove politiche di lotta alla povertà nella ‘città rinnovata’ del nuovo decennio, ma gli Anni Zero sembrano non volere ancora finire. Nell’impossibilità di coniugare dimensione abitativa e spazio sociale, e nell’assenza di alternative provenienti dalle istituzioni competenti, abbiamo deciso di lasciare lo stabile ai profughi sudanesi”.
“Lo Zeta è stato a Palermo uno spazio di resistenza – conclude la nota – per sopravvivere collettivamente alla definitiva crisi della politica, per sottrarsi alla spietata legge della giungla che rimanda tutto alla capacità individuale di sopraffare l’altro. Le ragioni della sua esistenza sono ancora tutte valide. Ma, proprio per questo, noi che ci siamo assunti l’onere di portare avanti la gestione dello Zeta, pensiamo che, per quanto sicuramente dolorose, ci sono decisioni che vanno prese per evitare il rischio di rimanere incastrati in dinamiche che non scaturiscono dalla condivisione dei nostri desideri. Le lotte dello Zeta continueranno ad essere portate avanti, ma in altre forme, in altri luoghi e con altri nomi”.