La cyberwar coinvolge anche i più piccoli: un dodicenne originario del Quebec, in Canada, la prossima settimana dovrà comparire a giudizio perché accusato di aver causato danni per 60 mila dollari a causa dei suoi attacchi hacker, commissionati dal gruppo Anonymous e ricompensati non attraverso soldi, bensì con console e videogames.
Nonostante la tenera età, è riuscito a mettere “down” alcuni importanti siti come quello del Governo del Cile, della Polizia di Montreal e del Quebec Institute of Public Health, utilizzando anche attacchi DdoS, acronimo per Direct Denial of Service, che consistono nello sfruttare altri (inconsapevoli) computer i quali effettuano contemporaneamente delle connessioni su un unico server in modo da sovraccaricarlo e renderlo vulnerabile ad ulteriori attacchi e ad eventuali furti di dati.
Il gruppo di hacker Anonymous commissionava questi lavori al ragazzino, il quale ingenuamente si faceva ricompensare con console e videogames piuttosto che soldi. Proprio su questo il suo avvocato basa la sua linea difensiva, sostenendo: “Non c’era alcun movente politico, vedeva tutto come un gioco. Ama i computer da quando aveva 9 anni”.
Non è comunque il primo caso nel suo genere, il fenomeno dei baby hacker è piuttosto diffuso nel mondo: un hacker diciassettenne di Montreal il cui alias era “Mafiaboy”, l’8 maggio del 2000 ha attuato uno dei più grandi attacchi DdoS della storia, mettendo ko nella stessa giornata le versioni nazionali di Buy.com, eBay.com ed Amazon.com. E’ stato rintracciato tre anni dopo e ha scontato 8 mesi in un carcere minorile e un anno di libertà vigilata.