L’ultimo congresso del sindacato dei magistrati, il trentunesimo, potrebbe scatenare ulteriori polemiche sulla scena politica nazionale, a seguito delle dichiarazioni del segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone. “L’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori a 2 anni è un principio di etica e il fatto che ci sia voluta una legge per affermarlo dimostra la debolezza della politica”. Queste le parole di Carbone, commentando la legge Severino sull’incandidabilità dei condannati senza fare, però, alcun esplicito riferimento al caso Berlusconi.
Carbone ha continuato sottolineando come quella relativa all’incandidabilità “poteva essere una regola fissata dagli stessi partiti in un codice etico. Quando è stata approvata la legge Severino sull’anticorruzione l’allora premier Monti e il Guardasigilli Severino dissero che si sarebbe potuto fare di più ma che non era stato possibile data la maggioranza parlamentare. Si tratta di un’ammissione di debolezza e di impotenza”.
Il segretario dell’Anm ha fatto le medesime considerazioni anche per le tante questioni sui diritti fondamentali: “la debolezza politica – ha detto carbone – costringe la magistratura a intervenire, come nel caso Ilva o per i temi bioetici, andando così a supplire di fronte a inefficienze od omissioni di un altro potere dello Stato, che, poi, invece di riconoscere il doveroso intervento dei magistrati, li attacca e li accusa di aver invaso il campo altrui”.