“Posizionamento politico, scelta degli interlocutori e trasparenza” sono solo alcuni dei punti fermi su cui Giuseppe Civati ha deciso di puntare per la sua scalata alle primarie in casa Pd del prossimo 8 dicembre. Argomenti concreti per chi si presenta da outsider in quello che sembrerebbe uno scontro a due tra il favoritissimo, Matteo Renzi e il bersaniano di lungo corso Gianni Cuperlo.
Di cose di sinistra Civati ne dice, prima fra tutte la volontà di allargare gli orizzonti politici del partito anche all’universo di Sel o l’attacco a una certa sinistra che vede nel gesto “eversivo” di Angelino Alfano “un’azione alla Django”, che lo proietta ai vertici di una destra europea. “Questo non so proprio come spiegarlo a casa”, dice. Civati, seppur pungente, si dimostra abilissimo nell’evitare di entrare in polemica e non si sbilancia, specie quando si parla di Partito democratico e del proliferare di correnti e aree in lotta fra loro per il predominio, il cosiddetto feudalesimo del Pd, a cui la Sicilia è tutt’altro che immune. “Vorrei – dice Civati rispondendo alle domande dei cronisti – che si discutesse, che si parlasse, anche qui in Sicilia, dove accadono delle vere e proprie epopee nel nostro partito, ricomponendo magari questa legislazione, affrontando il problema in maniera politica. Gli equivoci, senza una base comune, arrivano a un punto di rottura sempre e comunque”.
Poi, riguardo la situazione nazionale: “Gli italiani ci guardano e vogliono sapere cosa riusciremo a fare. Le larghe intese servono a fare cose che i partiti non possono mettere in pratica da soli, perché impopolari, perché sconvenienti. In questo caso sono larghe intese un po’ ritirate, tattiche. La riforma delle pensioni della Fornero, esodati a parte, a confronto era un atto fortissimo, una vera azione da larghe intese. Monti pur sbagliando fece molte più cose di quante non ne stia facendo questo governo. Si è parlato di Imu tutta l’estate – continua Civati – quando chi ha 20 anni o 30 neanche ha la casa. In questa legge di stabilità per i giovani c’è veramente poco. Serve più coraggio, più eguaglianza, più liberalità, cose che darebbero maggior respiro alla nostra economia, ma sono tutte cose che con queste larghe intese non si possono ottenere”.
“Non critico la manovra – continua -, è la formazione di governo che non consente di fare di più. Renzi? Sarebbe uno straordinario premier, ma non è periodo di elezioni, anche perché lui non le ha chieste. Visti però i recenti ingressi tra i suoi sostenitori, su tutti quello di Veltroni e Franceschini, che lui definiva ‘disastro’ e ‘vice disastro’, mi chiedo se la sua sia rottamazione o il corteo delle auto d’epoca. Io vorrei fare il segretario per riscrivere il concetto di leadership come un potere non assoluto come ci hanno recentemente abituato Berlusconi e Grillo”.
A tenere banco, tuttavia, al di là della presentazione della candidatura di Pippo Civati, è la denuncia partita da alcuni circoli di Ragusa, di una campagna tesseramenti oltremodo sospetta all’interno del Partito democratico, che potrebbe irrimediabilmente inquinare tutta la stagione congressuale, dalle elezioni dei segretari provinciali, via via fino alle primarie. “Presenteremo ricorso in merito alla questione tesseramento irregolare sia a Catania che in altre provincie, come Trapani e Siracusa – dice Valentila Spata, attivista del Pd ragusano, già nota per aver rischiato l’espulsione dal partito per aver sostenuto, a Ragusa, il candidato del M5s, poi vincitore e per aver ricevuto minacce di morte a causa della sua attività da sindacalista impegnata nel settore della Formazione -. Nel capoluogo etneo sono state date delle tessere, un pacchetto di 5000 solo ad alcuni dei dirigenti, una percentuale maggiorata rispetto a quanto dice il regolamento che pone un tetto per i nuovi tesserati, il 30% rispetto al numero di chi già è in possesso di una tessera, mentre in questo caso si parla addirittura di un incremento del 70%”.
La denuncia della Spata si fa ancora più aspra quando fa riferimento a “Sindacati che distribuiscono la tessera del Pd gratuitamente” come segnalato, a suo dire, da alcuni iscritti. “Noi siamo persone ingenue – aggiunge Civati – perché pensiamo che queste elezioni possano realmente cambiare partito, ma non siamo cretini, abbiamo strumenti come fogli excel e siamo in grado di confrontare i dati dei nuovi tesserati con quelli dello scorso anno. Abbiamo riscontrato in un periodo di disaffezione come questo un boom di iscrizioni, neanche fosse tornato Berlinguer. Ne parlerò con i dirigenti siciliani, ma anche con Renzi e Cuperlo, perché mi pare che anche loro abbiano delle responsabilità. Noi dobbiamo essere esemplari per recuperare un rapporto con i cittadini perché di noi si fidino, non diffidino. La disaffezione è diffusa in lungo e in largo, per questo cerco di recuperare il consenso perso in favore di M5s e non voto. Un’analisi del genere dovrebbe essere al centro del congresso”.
“Se la sinistra – conclude Civati – non fa il suo mestiere, di là c’è una destra che si sta riorganizzando. E non è la destra ‘turbodemocristiana’ di Alfano, ma quella che ha come esempio in Europa Marie Le Pen, per cui, se non proponiamo una buona alternativa, ci penserà qualcun altro”.
Intanto, a pochi metri di distanza dalla sala stampa dell’Ars, dove Pippo Civati stava svelando le sue carte ai cronisti, il segretario provinciale del Pd, Di Girolamo, i deputati nazionali Magda Culotta e Franco Ribaudo, nonché uno degli uomini forti del Pd siciliano, Antonello Cracolici, erano riuniti in convegno per parlare di città metropolitane e consorzi dei comuni. Due Pd diversi, o meglio, due dei diversi Pd, che si sono incontrati solamente per le scale di Palazzo dei Normanni, alla fine dei rispettivi eventi, per una stretta di mano.