Per un italiano, non esiste cucina migliore al mondo di quella nostrana, ma si sa, siamo nel periodo d’oro della globalizzazione ed il contatto con le altre culture è inevitabile. “Andiamo a mangiare al messicano” ed “andiamo a mangiare al giapponese” sono ormai frasi ricorrenti e spesso ad un piatto di pasta si preferiscono cibi stranieri, come il sushi: proprio quest’ultimo è molto diffuso ed esistono migliaia di ristoranti e sushi-bar nel nostro paese che riscuotono un enorme successo. In pochi però sanno cosa sia esattamente, come venga preparato e se le leggende circa i rischi per la salute siano vere o meno, ecco quindi un walktrough per conoscere meglio questa famosa pietanza giapponese.
Le origini del sushi non sono ben chiare, si pensa sia stato portato per la prima volta in Giappone in seguito al ritorno dei monaci buddisti dalla Cina nel VII secolo. La ricetta più simile a quella contemporanea del sushi è comparsa nel 1820 grazie a Hanaya Yohei il quale per primo ha iniziato a vendere nella sua bancarella bocconcini di riso aromatizzati all’aceto con sopra fettine di pesce crudo, dopo lui in tantissimi hanno iniziato a vendere sushi per strada. Piccola curiosità, accanto ad ogni bancarella veniva appesa una tenda bianca nella quale i clienti, dopo aver finito di mangiare, si pulivano le mani: in questo modo, quando un cliente doveva decidere in quale bancarella consumare il proprio pasto, si affidava alla sporcizia della tenda perché più sporca era, più clienti la frequentavano e di conseguenza più buono era il sushi.
L’errore più comune è quello di definire il sushi come un piatto a base di pesce crudo: bisogna infatti distinguere il sushi dal sashimi, il primo è una pietanza in cui l’ingrediente principale è il riso, per l’esattezza riso condito con aceto di riso, ed il pesce può anche essere totalmente assente, mentre il secondo è esclusivamente a base di pesce.
Le varianti originali del sushi sono circa una decina tra cui il Makizushi, una polpettina di riso avvolta nel nori, un’alga commestibile, o il Nigirizushi, una polpetta di riso ricoperta da un condimento, solitamente pesce, che viene spesso mangiata accompagnata dal wasabi, una pasta molto piccante derivata dai ravanelli giapponesi. Vi sono anche varianti create in tempi moderni ma non considerate ufficialmente sushi come il California Roll, un Maki con avocado, surimi e cetriolo, il cui strato esterno di riso viene cosparso di semi di sesamo tostati.
Preparare il sushi non è semplicissimo e gli ingredienti primari non sono facili da trovare. In primis troviamo il riso, preferibilmente di qualità Japonica anche se le varianti create in tutto il mondo vengono fatte utilizzando altre qualità per una questione di reperibilità di questo particolare riso, il secondo ingrediente essenziale è il Nori che, come spiegato prima, è un’alga commestibile facilmente acquistabile in fogli da 18x21cm. Successivamente bisogna procurarsi i ripieni e le guarnizioni da applicare, che sono diverse in base al tipo di sushi da preparare, possiamo infatti usare manzo o prosciutto, verdure di vario tipo come l’avocado, cetrioli, tofu o rafano, crostacei e frutti di mare come il polpo, i gamberetti e le uova di pesce, ed infine quello più usato, il pesce, come il tonno e il salmone.
A proposito di quest’ultimo, una delle convinzioni più diffuse è quella che il pesce preparato col sushi sia fresco, convinzione completamente errata: in Italia vige infatti la legge dell’HACCP che prevede che il pesce, dopo la pesca, venga abbattuto in una camera refrigerata a -28 gradi per 25 ore e messo a scongelare per ulteriori 24 ore.
“Il pesce in questo modo rimane fuori dall’acqua per circa 50 ore – ci racconta uno chef giapponese di Roma – e ciò comporta che il sapore non sia più lo stesso, che la polpa non sia più soda e che comunque possano essersi formati i batteri che, se ingeriti, possono recare gravi danni alla salute. Il procedimento è inoltre uguale anche per pesci più piccoli, quando in realtà bisognerebbe applicare procedure differenti. In Giappone – continua – il procedimento è diverso: già nelle navi vengono tolte pinne, branchie ed interiora e subito congelato, in modo che il pesce non si deteriori stando a contatto con l’aria e che venga preparato e servito realmente fresco, per quanto riguarda invece i pesci piccoli, spesso non vengono neanche abbattuti ma presi dai vivai e tagliati all’istante: qui infatti emerge la reale bravura di uno chef con esperienza”.