In seguito ai recenti e drammatici eventi di Lampedusa, il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta ha pubblicamente proposto ai siciliani di chiedere in affidamento i bambini sbarcati in Italia, compiendo in tal modo un vero e proprio “atto di civiltà”. “Se la politica vuole supportare questo tipo di procedura – dice Gabriele Giambrone, dello studio legale internazionale Giambrone Law – possiamo sperare che le lungaggini e le difficoltà burocratiche saranno superabili. Se lo dice Crocetta, allora si può fare”.
“Fostering parents” sono i genitori di bambini in affidamento, genitori che possono anche essere legati soltanto all’interno di una coppia di fatto, oppure single. Una pratica che nei paesi anglosassoni è molto diffusa, quasi una moda. In Italia, dopo l’emergenza del naufragio di Lampedusa, in cui sono rimasti orfani decine di minori, si sta attivando una catena di solidarietà per dare un rifugio, anche temporaneo, a questi bambini coinvolti in una tragedia più grande di loro.
La disciplina dell’affido familiare, spiega l’avvocato Alessandra Bellanca, dello studio legale internazionale Giambrone law, è disciplinata dalla L. 184 del 4 maggio 1983, successivamente modificata con la L. 149 del 28 marzo 2001 ed ha la sua funzione primaria nella garanzia del mantenimento, dell’educazione, dell’istruzione e, non da ultimo, di un rapporto affettivo sano e costruttivo ai minori che versino in condizioni di abbandono o di disarmonia nelle famiglie originarie, condizioni sovente motivate da malattia, detenzione, tossicodipendenza, violenza o, più generalmente, incuria da parte dei genitori biologici.
L’affido, da un punto di vista squisitamente temporale, è a lungo termine, cioè fino ad un termine massimo di due anni, o a medio termine, fino a 18 mesi o, infine, a breve termine, per un periodo di circa 6 – 8 mesi. Circa l’ambito del consenso si distingue, invece, in consensuale, quando vi sia l’assenso dei genitori e quando sia disposto con atto amministrativo dei servizi sociali (reso poi esecutivo dal Giudice tutelare) ed in affido giudiziale, disposto con provvedimento del Tribunale per i minorenni. Dal punto di vista dei soggetti affidatari, invece, l’affido si distingue in familiare, quando sono gli stessi membri della famiglia a prendersi carico del minore, extrafamiliare, quando a chiederlo siano degli estranei ed, infine, in quello presso le comunità d’accoglienza.
È appena il caso di ricordare che l’istituto dell’affido differisce sensibilmente da quello dell’adozione, in primis per il suo peculiare carattere di temporaneità, per quello di mantenimento dei rapporti con la famiglia originaria, soprattutto con quello del nome, che nell’affido resta quello antico e, da ultimo per i minori requisiti socio – economici necessari richiesti. Per l’adozione, infatti, la legge stabilisce scrupolosamente la differenza d’età fra adottante ed adottato e l’imprescindibilità di una relazione stabile per la famiglia determinata ad adottare
Nel caso di specie si deve operare una basilare quanto triste distinzione, tra minori che abbiano ancora una famiglia e quelli rimasti, purtroppo, orfani, in seguito a questa ennesima tragedia del mare. Qualora, infatti si ricadesse nel primo caso, sarebbe percorribile la strada dell’affido consensuale, mentre nel secondo caso parrebbe necessario rivolgersi all’Autorità giudiziaria competente a concedere l’autorizzazione ai soggetti pronti a farsi carico del minore.
È vivamente consigliabile, specialmente in tale ultimo caso, rivolgersi ad uno Studio legale competente in materia, perché possa tutelare al meglio le posizioni del bambino e quelle del soggetto intenzionato ad ottenere l’affido, evitando di appesantire ulteriormente il già drammatico stato dei fatti con tentativi inesperti, seppur umanamente encomiabili. Si tratta infatti di procedure complesse che, sebbene motivate da ragioni di estrema urgenza e necessità, necessitano della dovuta attenzione e supporto documentale, oltre che della vigilanza rispetto ai requisiti dei soggetti affidatari.