I fondi Fsc, gli ex Fas, sono stati rimodulati. Ben duecento milioni di euro che la Sicilia ha ricevuto da Bruxelles e che rischiava seriamente di perdere sono stati rimessi in circolo per finanziare i lavori di infrastrutture sempre più necessari in una Sicilia che ha fame di strade e collegamenti che possano ridurre le distanze facilitando sì il commercio, ma anche la vita di molti abitanti dell’isola.
“Grazie a questa rimodulazione, – assicura l’assessore regionale alle infrastrutture Nino Bortolotta, intervenuto nella giornata di ieri in conferenza stampa al fianco del governatore, Rosario Crocetta – uno strumento importante che da diversi mesi stiamo seguendo, siamo in grado di avere contezza di quali sono le risorse che possono essere inserite in questo piano territoriale di sviluppo. Potranno infatti essere inserite nel Cis opere importanti come la Nord Sud, la tangenziale di Gela, la Ragusa Catania”. Tutte opere, queste ultime, la cui costruzione è rimasta solo un anelito per gli abitanti delle zone in questione, abituati ormai a centinaia di promesse inevase.
Circa duecento milioni di euro di fondi, 32 milioni nel solo 2002, che potranno consentire al governo regionale di chiudere il Cis, il contratto istituzionale di sviluppo per quanto riguarda le infrastrutture stradali e autostradali, dando concrete speranze di salvezza a progetti come la bretella che dovrebbe consentire di unire il porto di Messina all’autostrada senza per forza dover attraversare la città. Fondi che, all’interno del Cis, si vanno ad aggiungere alla delibera Cive 62 e ad altre risorse, mettendo nelle mani dell’assessorato alle Infrastrutture una potenza di fuoco di circa due miliardi di euro.
I presupposti, dunque, almeno sulla carta, che il grande “Cantiere Sicilia” possa riaprire e tornare al lavoro per portare le infrastrutture dell’isola a livelli accettabili sembrerebbero esserci tutti, anche se i cittadini non si fanno troppe illusioni. Quello della spesa dei fondi Fas, infatti, è uno dei problemi che più di altri hanno afflitto la Sicilia negli ultimi anni, basti pensare che gli stessi fondi citati in conferenza da Bartolotta sono frutto di un rocambolesco salvataggio sulla linea di porta a poche settimane dalla loro scadenza e non c’è, comunque, la sicurezza che, a distanza di anni dalla loro data di stanziamento, possano essere sufficienti a portare a termine i progetti su cui punta l’assessore.
Cantieri come quello della tangenziale di Gela, essenziale per evitare che il grande traffico di mezzi, soprattutto pesanti, che confluiscono da Caltanissetta, Canicattì, Enna, Catania, debba continuare a passare per le vie interne del centro del Nisseno; o come l’autostrada Ragusa – Catania, che garantisca tanto i collegamenti diretti per l’aeroporto di Comiso, quanto il polo economico produttivo di Vittoria, per non parlare di infrastrutture essenziali come l’ammodernamento di alcune linee ferroviarie strategiche, spesso annunciate con grande squillare di trombe, ma mai giunte in porto, possono essere, al pari delle grandi riforme, il punto di forza per una regione che vuole essere civile ed europea. La speranza, dunque, è che questi due miliardi, salvati e pronti ad essere reinvestiti, vengano effettivamente spesi, perché da troppo tempo, in Sicilia, le grandi infrastrutture, seppur ben reclamizzate, sono rimaste soltanto capitoli sgualciti di un ipotetico libro dei sogni.