Una serie di intimidazioni telefoniche notturne, durate due anni, culminate con una condanna a quattro mesi per minacce aggravate nei confronti di un uomo residente a Terrasini. Il giorno della condanna dell’autore delle minacce ecco arrivare anche il furto all’interno della villa al mare. Vittima di questi eventi è stato Massimo Di Martino, giornalista palermitano e direttore responsabile di “Cinematocasa”, che da anni si occupa di coniugare impegno e cultura attraverso il grande schermo.
L’intera vicenda ha ancora diversi punti non chiariti e lo stesso Di Martino si pone diverse domande che al momento sono ancora senza risposta. Tutto ha inizio nel settembre del 2011 quando cominciano ad arrivare le prime telefonate di disturbo: “Le chiamate notturne sono iniziate due anni fa e onestamente non riesco a capire per quale motivo – racconta Di Martino -. Il processo stesso non è servito per poter chiarire questo aspetto. Al momento si lavora principalmente su tre piste: uno squilibrato con problemi mentali, un messaggio verso la mia attività oppure una ritorsione per un battibecco avuto con qualcuno. Anche se io non sono assolutamente un attaccabrighe”.
Certo, viene subito spontaneo pensare che i due avvenimenti possano essere collegati. “Spero di no – aggiunge Di Martino -. Ma se così dovesse essere sarebbe molto preoccupante”. Anche perché l’attività culturale in un contesto particolare come quello del centro storico di Palermo è sicuramente meritoria. “Da anni cerchiamo di realizzare qualcosa di diverso per Palermo. Proiettiamo cinema muto accompagnato da musica dal vivo suonata da eccellenze del conservatorio; abbiamo inventato la cinepsicologia, parliamo di cinefilosofia importata dalla Francia. Per non parlare de ‘I dispersi’ ovvero i film mai proiettati in Italia e che noi proponiamo. E nonostante ciò non ci hanno nemmeno inserito nel distretto culturale del Comune di Palermo insieme a tutte le associazioni e fondazioni che operano in città”.
C’è tanta amarezza a fare da sottofondo a queste parole. Il motivo è presto spiegato: “Non chiediamo né abbiamo mai chiesto nulla – ribadisce Di Martino -. Ai nostri soci domandiamo solo il prezzo della cena sociale di 15 euro. E soprattutto chi vuole può venire tranquillamente. Abbiamo avuto tra noi magistrati, avvocati, giornalisti, poliziotti e semplici cittadini. Cinematocasa è popolare e aperta a tutti”.
Le istituzioni, però, sembrano aver dimenticato di schierarsi a fianco di Cinematocasa. “Noi svolgiamo un ruolo importante per la cultura cinematografica in città – spiega -. E per molto meno qualcuno alza il telefono o esprime apprezzamento. In questo caso nessuno s’è fatto sentire”. Ma Massimo Di Martino non cerca solidarietà a ogni costo. La sua è solo una semplice constatazione di come gira il mondo e di come vanno le cose. “Non chiedo nulla – conclude -. Ognuno è libero di fare quello che vuole”.