Silvio Berlusconi potrà decadere. Lo ha deciso la Giunta per le elezioni e l’immunità del Senato, ma quante polemiche. Dall’audace campagna social dei cinquestelle al fuoco amico, per finire alla difesa a spada tratta, da parte di Angelino Alfano e all’indifferenza del premier Letta.
PALERMO, 5 OTTOBRE 2013 – Benché il verdetto fosse atteso da giorni ed abbia scatenato un vero e proprio putiferio su tutto il panorama politico nazionale, la Giunta per le elezioni e l’immunità del Senato ci ha messo sei ore a prendere una decisione, quella che ci si aspettava. Silvio Berlusconi decadrà da Senatore. Decadrà perché per essere ufficiale, il provvedimento, ha ancora bisogno del voto dell’aula del Senato. Saranno infatti i senatori, nel segreto dell’urna, a decidere se togliere o meno al leader del centrodestra lo scranno a Palazzo Madama e di conseguenza l’immunità parlamentare, anche se nelle ultime ore prende sempre più corpo l’ipotesi dimissioni per il Cavaliere, che risparmierebbe così l'”umiliazione” dell’ultimo passaggio.
E dire che il banco ha rischiato di saltare a causa di un “eccesso di entusiasmo” da parte del senatore grillino Vito Crimi, che sul suo profilo Facebook aveva postato, durante la mattinata, una frase quantomeno sconveniente sull’ex premier: “Vista l’età – recitava il post, poi rimosso – spero che il cartello ‘Silvio non mollare’ non intenda ‘non rilasciare peti e controlla l’incontinenza’”. La gaffe dell’ex capogruppo M5S al Senato ha scatenato le ire degli uomini del Pdl che, Schifani in testa, hanno fatto un vero e proprio blitz in aula chiedendo al presidente del Senato, Pietro Grasso, senza successo, la sospensione dei lavori della Giunta.
Da par suo, Grasso, dopo aver esplicato la sua impotenza nei confronti della Giunta, ha comunque rassicurato il gruppo parlamentare pidiellino, condannando le parole scritte dal senatore Crimi – o da chi per suo conto – e assicurando che il suo comportamento, “inqualificabile e offensivo”, sarà oggetto di analisi da parte degli organi competenti del Senato. Parole di condanna nei confronte dell’uscita infelice a mezzo social di Crimi, sono comunque giunte tanto dal centrodestra quanto dal centrosinistra. Insoddisfatto Schifani, che, con i suoi, avrebbe voluto una presa di posizione più netta da parte di Grasso.
Ma a scuotere il Pdl non sono stati solo gli aspri commenti sui social network, ma anche la questione, ancora da risolvere, delle fazini interne e il caso Di Giacomo. Ulisse di Giacomo, ex senatore Pdl, che nelle ultime elezioni ha perso il suo posto in favore proprio di Silvio Berlusconi, che aveva scelto proprio il seggio del Molise, dove Di Giacomo è risultato, in virtù di ciò, primo dei non eletti. Il politico molisano, ora vicino agli alfaniani, è stato trai primi a chiedere la decadenza del Cav ed è già pronto a prendere il suo posto a Palazzo Madama. Il legale di Di Giacomo, Salvatore De Pardo, aveva già definito Berlusconi “indegno di sedere in Senato”.
Intanto, mentre gli avvocati del Cavaliere, Longo, Ghedini e Coppi annunciano ricorso all’Europa per violazione dei diritti costituzionali e della Convenzione Europea, Ci pensa Alfano a prendere le parti di Berlusconi e parla di “accelerazione anomala nelle procedure” e di “un accanimento che nulla ha a che vedere con la Giustizia”, auspicando che l’Aula del Senato “rimedi” a quella che definisce una “gravissima lesione alla democrazia e al buon senso”. Letta, da par suo, non commenta e guarda alle prossime mosse del governo. In primo piano privatizzazioni e crescita.