La service tax e il valzer delle tasse italiane

di Redazione

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La service tax e il valzer delle tasse italiane

| mercoledì 02 Ottobre 2013 - 15:31

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Il Consiglio dei Ministri, per mantenere una promessa, in estremis, ha annunciato la cancellazione dell’IMU sulla prima casa relativamente al periodo di imposta 2013. Ma dopo la prima fase di euforia, facendo i conti, il bilancio non è così positivo. Sembra infatti che si sia voluto sfatare un mito senza però pervenire ad una soluzione nell’interesse della ripresa economica e degli investimenti

 

PALERMO, 2 OTTOBRE 2013 – Come sempre accade in Italia, se da una parte si cancella una tassa dall’altra bisogna riequilibrare il gettito mancante ed un intervento legislativo richiama sempre un successivo futuro intervento.

 

Con il provvedimento varato a fine agosto, dunque, il Governo delle larghe intese, ha imposto l’abolizione della tassa sulle proprietà immobiliari fino al 2014 per le categorie che erano già state esentate dal pagamento della prima rata di giugno (abitazioni principali – non di lusso e di residenza effettiva – i terreni agricoli e le case rurali. Ma per liberare definitivamente queste fasce delle rate IMU 2013 mancanti servirà un altro decreto (entro il 15 Ottobre) che anticiperà alcuni contenuti della attesissima Legge di Stabilità 2014. Inoltre ha rinviato, almeno per il momento, la deducibilità dall’Ires e dall’Irpef dell’IMU pagata da imprese e professionisti.

 

A partire dal 2014, al posto dell’IMU, entrerà in vigore la cosiddetta “Service Tax”. Con la promessa di garantire maggiore equità e progressività rispetto all’IMU, ispirata ad un modello di tassazione comunale “federale”, in vigore dal 2014, viene, dunque, istituita un’imposta sui servizi comunali – la “service tax” o TASER – che sostituisce la Tares, e verrà riscossa dai Comuni e costituita dalle due componenti: gestione dei rifiuti urbani e copertura dei servizi indivisibili.

L’abolizione dell’IMU non è certamente una vittoria per il contribuente/proprietario, al contrario chi detiene un immobile in Italia essendo però residente all’estero vedrà, di nuovo, complicarsi la gestione della tassazione a distanza. Ed infatti si ripristinerebbe il quadro fiscale antecedente alla introduzione dell’IMU, con conseguenziale ripristino parziale della imponibilità ai fini Irpef dei redditi derivanti da unità immobiliari non locate.

Il ritorno alla vecchia norma che considerava fonte di reddito anche un immobile disabitato andrà ad aggiungersi alla imposizione della “service tax” sullo stesso bene e non può prevedersi, oggi, il carico fiscale imposto sui proprietari delle “seconde case” e gli adempimenti collegati.

In sintesi, possiamo dire che la manovra fiscale italiana degli ultimi anni è stata caratterizzata dalla fantasia (e neanche tanta) nel cambiare i nomi delle tasse – come se ciò le rendesse più digeribili – piuttosto che dalla risoluzione del concreto problema della pressione pro capite. Al di là infatti del “raccapricciante” acronimo Tares (nome anche della pistola elettrica che serve ad immobilizzare), per motivi di opportunità immediatamente addolcito dall’inglesismo “service tax”, la nuova tassa sostituisce la Tares che già aveva sostituito la controversa TARSU, ma in nessun modo agevola sviluppo ed investimenti o semplifica gli adempimenti.

Si estende infatti la tassazione dai servizi di raccolta dei rifiuti urbani (tassa contestata vista la inefficienza del sistema di smaltimento dei rifiuti italiano) a quelli indivisibili come ad esempio la Polizia Municipale o la luce stradale. Nella assoluta indeterminatezza del presupposto e delle aliquote della neonata tassa, è comunque immediato pensare che si stia semplicemente cercando di trovare coperture finanziarie alla spesa pubblica, vista la riduzione del gettito (non sperata fino all’ultimo) determinata dalla abolizione dell’IMU per la prima casa.

Si chiude pertanto un’altra puntata della saga delle tasse in Italia ma si rimanda a nuovi avvincenti episodi ad ottobre e dicembre quando, incombendo la fine dell’anno fiscale, dovrà farsi il conto delle risorse ancora necessarie. Sempre che nel frattempo, gli italiani non vedano crescere, ancora una volta, l’aliquota IVA.

 

*Alessandra Bellanca 
Head of International Department
Giambrone Law

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